Clima teso in Commissione Giustizia alla Camera, dove si stanno votando i subemendamenti alla riforma del Consiglio superiore della magistratura (Csm) e della legge sull’ordinamento giudiziario, nella prima seduta successiva al travagliato accordo raggiunto sabato nella maggioranza. Come annunciato, Italia Viva si sta muovendo in autonomia con l’ostruzionismo: non ha ritirato le proprie proposte di modifica (in particolare quelle che prevedono il sorteggio temperato per l’elezione dei membri togati del Csm) e i suoi deputati le stanno votando nonostante i pareri negativi espressi dal governo. A difendere gli emendamenti interviene Cosimo Ferri, il deputato/magistrato che è stato delegato da Matteo Renzi a gestire la pratica al posto dei responsabili Giustizia del partito, nonostante sia sotto procedimento disciplinare per essersi accordato sulle nomine – da parlamentare in carica – con l’ex ras delle correnti Luca Palamara. La Lega, invece – che pure aveva annunciato di voler tirare dritto sui propri emendamenti – ne ha ritirati una parte. Tra le proposte votate al di fuori del perimetro dell’accordo ce n’è in particolare una, presentata da Giusi Bartolozzi (Misto) e sostenuta da Italia Viva, Fratelli d’Italia e Alternativa, che prevede “l’eliminazione del cumulo di compensi e allo svolgimento in simultanea delle funzioni” per i magistrati, anche amministrativi e contabili, che affiancano le funzioni giudiziarie a incarichi nella pubblica amministrazione che non richiedono di dover andare “fuori ruolo”, cioè smettere di fare i magistrati. Il governo ha dato parere negativo e la maggioranza ha votato contro l’emendamento. La seduta della Commissione è stata sospesa e riprenderà martedì in notturna.

Nel frattempo tutte le correnti chiedono all’Associazione nazionale magistrati (Anm) di proclamare sciopero contro l’approvazione del disegno di legge, un’iniziativa drastica che il sindacato delle toghe non mette in campo dai tempi dell’ultimo governo Berlusconi. La riunione del Comitato direttivo centrale (Cdc) che deciderà su eventuali mobilitazioni è fissata per martedì 19 aprile, giorno in cui il disegno di legge è calendarizzato in Aula alla Camera: a preoccupare i magistrati sono soprattutto l’introduzione del “fascicolo per la valutazione” compilato dai capi degli uffici, che conterrà tra le altre cose i dati sulle conferme delle decisioni e l’accoglimento delle richieste, e il limite di un solo passaggio di funzioni tra giudice e pm, da esercitare entro i primi dieci anni, che inaugurerebbe una separazione delle carriere di fatto. Ma arrivano critiche anche sul sistema elettorale per i membri togati del Consiglio (un binominale maggioritario con correttivo proporzionale e sorteggio dei collegi), che secondo il consigliere indipendente Nino Di Matteo è “del tutto inidoneo a limitare lo strapotere delle correnti nella individuazione dei candidati. Le norme sul fascicolo di rendimento e la pressoché totale separazione delle carriere di pm e giudici – prosegue Di Matteo in un’intervista all’AdnKronos – rispondono a un preciso disegno: quello di burocratizzare la magistratura, di gerarchizzare i singoli magistrati, di renderli attenti soltanto ai numeri e alle statistiche piuttosto che a rendere giustizia, di impaurirli, rendendoli più soggetti alla volontà dei capi degli uffici e più esposti a possibili interferenze esterne“.

“Siamo l’unica categoria del comparto pubblico che viene sottoposta periodicamente a delle valutazioni di idoneità, che vengono spacciate per “promozioni” ma sono invece delle verifiche necessarie per non essere licenziati. Ora si vuole far dipendere queste verifiche, e quindi la possibilità per il magistrato di essere licenziato, dalla percentuale delle sentenze che vengono confermate nei successivi gradi di giudizio oppure, per i pubblici ministeri, dalla percentuale delle istanze cautelari o delle richieste di condanna che vengono accolte”, attacca in una nota Angelo Piraino, segretario di Magistratura indipendente (Mi, la corrente conservatrice). “Così il giudice potrà condizionare la carriera del pubblico ministero, il giudice di appello potrà condizionare la carriera di quello di primo grado e a sua volta il giudice di Cassazione potrà condizionare la carriera di tutti quelli dei gradi inferiori. Con la scusa dell’efficienza ci si accinge ad approvare riforme che, invece, per un’eterogenesi dei fini puniranno e isoleranno proprio i magistrati più liberi, quelli che vogliono decidere seguendo la loro coscienza”, si legge. “Constatiamo con dolore che tutti i nostri tentativi di interlocuzione sono stati vani, e allora ci troviamo costretti a chiedere che l’Anm si mobiliti immediatamente e che vengano adottate tutte le forme di protesta più efficaci, per richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica sul grave stravolgimento della Costituzione che sta per essere realizzato”.

Anche Autonomia&Indipendenza (A&I), il gruppo fondato da Piercamillo Davigo, chiede di proclamare lo sciopero e denuncia che la riforma “contiene previsioni punitive”. I magistrati, lamenta il coordinatore Guido Marzella, dovranno “rendere conto di qualunque provvedimento venga preso, se non è confermato in Appello o in Cassazione, quando è scritto chiaramente nell’articolo 101 della Costituzione che il giudice risponde solo alla legge“. Per i centristi di Unità per la Costituzione (UniCost) l’approvazione “sarebbe un grave passo indietro dell’ordinamento democratico, che il Paese non può permettersi. Di fronte a simili prospettive, la magistratura non potrà rimanere di certo in silenzio e la mobilitazione, che si auspica unitaria, sarà necessaria“, dichiara la segretaria Mariarosaria Savaglio, avvertendo che “si sta disegnando un magistrato pavido e burocrate e una giustizia di tipo difensivo, che pregiudicherà la tutela dei diritti dei cittadini”.

In serata si esprimono anche i progressisti di Area: “Chiederemo di proclamare lo stato di agitazione, che preveda una serie di manifestazioni intermedie a partire da un’assemblea straordinaria dell’Anm e si concluda, se nulla cambia, con lo sciopero”, dichiara il segretario Eugenio Albamonte. Dal tavolo di maggioranza, denuncia, sono uscite “modifiche fortemente peggiorative di cui si perde il senso se non in chiave demagogica”, da parte di forze politiche “animate da una chiara intenzione vendicativa nei confronti della magistratura e di ridimensionamento dell’attività giudiziaria”. E il cui obiettivo è “un sistema giudiziario forte con i deboli e debole con i forti, ripiegato su carriera e gerarchia, molto diverso da quello di cui i cittadini hanno bisogno per la tutela dei loro diritti soprattutto quando vengono a scontrarsi con i poteri forti”. Lunedì in un’intervista a Repubblica il presidente del sindacato, Giuseppe Santalucia, ha detto di augurarsi di non dover essere costretto a indire lo sciopero, ricordando – in una contemporanea intervista alla Stampa – che “l’iter della riforma era partito da un buon testo (il ddl dell’ex ministro Alfonso Bonafede, ndr)”, che “gli emendamenti del governo avevano peggiorato”, e ora “le pressioni politiche stanno esacerbando le criticità”.

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