Nuovo stop al processo a carico di quattro 007 egiziani accusati di avere sequestrato, torturato ed ucciso Giulio Regeni. Lo ha deciso il gup di Roma dopo che oggi è arrivata una nota dal ministero della Giustizia in cui si spiega come le autorità egiziane non abbiano offerto alcuna collaborazione al nostro Paese. Il giudice ha dunque affidato ai carabinieri del Ros nuove ricerche per individuare il domicilio dei quattro agenti segreti e ha fissato una nuova udienza per il 10 ottobre.

L’ennesima doccia fredda sulla strada della verità sulla morte del ricercatore friulano, ucciso al Cairo nel 2016, è cristallizzata in una nota di alcune pagine inviata dal ministero della Giustizia al gup di Roma in occasione dell’udienza a carico dei quattro 007 egiziani e che aveva come oggetto il nodo relativo alle notifiche degli atti agli imputati. Il dicastero di via Arenula, rispondendo al giudice che nel gennaio scorso aveva chiesto al governo di verificare la possibilità di una “interlocuzione” con le autorità del Cairo, mette in fila tutti i “no” ricevuti dalle autorità egiziane nelle ultime settimane e in particolare il “rifiuto di collaborare nell’attività di notifica degli atti“.

Gli egiziani non hanno dato alcun riscontro alla lettera inviata il 20 gennaio scorso dalla ministra Marta Cartabia per chiedere un incontro al Cairo sulla vicenda. Inoltre, il 15 marzo il direttore della cooperazione giudiziaria italiana si è recato ad un incontro in Egitto durante il quale gli è stato comunicato che sulla vicenda la competenza è della Procura Generale per la quale il caso Regeni è chiuso e non è possibile effettuare ulteriori indagini sui quattro indagati in Italia. La Procura generale egiziana ritiene che il memorandum “sulla scomparsa e la morte” di Regeni del 26 dicembre del 2020 “abbia natura decisoria irrevocabile, ovvero che si tratti – scrive via Arenula -, con particolare riferimento alla esclusione della riferibilità del reato alla responsabilità dei quattro imputati, di una decisione giudiziaria non più suscettibile di impugnazione e che preclude la riapertura di un procedimento nei confronti degli stessi soggetti”.

Dal canto loro i carabinieri del Ros, a cui il gup aveva chiesto nuove ricerche sul domicilio degli indagati, hanno comunicato di essere riusciti ad acquisire l’indirizzo del luogo di lavoro dei quattro ma per il codice di procedura penale per le notifiche legate a questioni internazionali è necessario il domicilio. Una situazione di totale chiusura che ha portato il giudice a sospendere il procedimento e disporre un lungo rinvio, al prossimo 10 ottobre, affidando al Ros una nuova delega per effettuare ulteriori ricerca. In quella udienza verrà, inoltre, ascoltato il capo dipartimento affari giudiziari del ministero della Giustizia, Nicola Russo, sugli eventuali sviluppi dopo la nota inviata agli egiziani in seguito all’incontro senza esito avvenuto il 15 marzo.

I genitori di Regeni, Claudio e Paola Deffendi, dopo l’udienza non hanno nascosto la delusione per questo ennesimo rinvio. Per bocca del loro legale, l’avvocato Alessandra Ballerini, hanno chiesto al premier Draghi di intervenire in prima persona: “Prendiamo atto dei tentativi falliti del Ministero della Giustizia di ottenere concreta collaborazione da parte delle autorità egiziane – ha detto l’avvocato lasciando la cittadella giudiziaria – e siamo amareggiati e indignati dalla risposta della procura del regime di Al Sisi che continua a farsi beffe delle nostre istituzioni e del nostro sistema di diritto. Chiediamo che il presidente Draghi condividendo la nostra indignazione pretenda, senza se e senza ma, le elezioni di domicilio dei 4 imputati. Oggi è stata un’ennesima presa in giro”.

Prima dell’udienza si è svolto un sit in di sostegno ai familiari di Regeni a cui ha preso parte anche la Fnsi. Tra i presenti anche il presentatore tv, Flavio Insinna. “Bisogna esserci. Come ha detto la mamma di Giulio su quel viso ha visto tutto il dolore del mondo, non dobbiamo darci pace fino a quando non si arriverà alla verità. Lo dobbiamo – ha detto – alla famiglia, alla parte buona di questo Paese”.

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