“Ma è normale che un condannato per mafia venga qui per mediare?”. La riflessione nel più completo anonimato parte dai banchi proprio di Forza Italia. Il dito azzurro punta dritto su Marcello Dell’Utri, condannato per concorso esterno alla mafia, sbarcato a Palermo la scorsa settimana per cercare di mediare tra Gianfranco Micciché e Nello Musumeci. C

Con scarsi risultati si direbbe, dal momento che il partito di Silvio Berlusconi in Sicilia ha appena consumato una faida interna culminata con una sorta di ammutinamento di una parte del gruppo Fi all’Ars che si è riunita e ha sfiduciato il capogruppo, Tommaso Calderone, fedelissimo di Gianfranco Micciché. A scatenare questo atto di forza e consumare la spaccatura è stato un emendamento presentato dall’ormai ex capogruppo di Forza Italia. Un emendamento contestato dagli stessi colleghi di partito già nella chat interna. Ma è vis à vis che si è raggiunto l’acme del conflitto, quando senza troppi giri di parole è stato detto al capogruppo di Forza Italia, Tommaso Calderone, che se non avesse ritirato l’emendamento, sarebbe stato sfiduciato. E così è stato. L’episodio è stato raccontato, in una delle sue note dirette sui social, da Cateno De Luca – da poco dimessosi da sindaco di Messina proprio per potere candidarsi a governatore – e non è stato smentito da Calderone. Ed è proprio il contenuto dell’emendamento che svela le mosse elettorali all’interno del centrodestra: se venisse approvata dall’Ars, infatti, la leggina impedirebbe le nomine di sottogoverno a sei mesi dalle elezioni. Nomine nella sanità ma non solo, per cui ci sarebbe già un accordo tra una parte di Forza Italia e il governatore Nello Musumeci, gestite soprattutto dal suo delfino, Ruggero Razza (l’assessore alla Salute che in un’intercettazione disse dei morti Covid, “spalmiamoli un poco” e per il quale la procura di Palermo ha appena chiuso le indagini).

Sullo sfondo della rappresaglia sarebbe dunque lo scontro tra il presidente della Regione, Nello Musumeci e il presidente dell’Ars, Gianfranco Micciché. Una contesa che si consuma sulla prossima candidatura alla presidenza della Regione: entrambi hanno dichiarato di essere in corsa per lo scranno più alto. Ma mentre Musumeci da mesi sonda gli alleati per ottenere la riconferma, la mossa di Micciché è arrivata a sorpresa solo qualche settimana fa ed è stata mal digerita all’interno del suo stesso partito, in primis tra gli assessori in giunta, ma anche da Renato Schifani. A guidare la protesta contro il capogruppo di Forza Italia, fedelissimo di Micciché, c’è infatti Marco Falcone, forzista e assessore alle Infrastrutture che ha firmato un’autoconvocazione del gruppo di Fi per stamattina, assieme anche a Margherita La Rocca Ruvolo, Stefano Pellegrino, Mario Caputo (eletto nuovo capogruppo), Riccardo Savona, Alfio Papale, Riccardo Gallo. Dal canto suo Micciché potrebbe a questo punto decidere per l’azzeramento delle commissioni di cui sono presidenti tre forzisti. Uno scontro sempre più acceso quello all’interno del partito di Berlusconi in Sicilia acuito dall’ennesima mossa del presidente dell’Ars che avrebbe infine indicato Raffaele Stancanelli come possibile candidato alla presidenza.

Stancanelli, ex sindaco di Catania ed eurodeputato catanese di Fratelli d’Italia, è da tempo in aperto contrasto con Musumeci. La mossa di Micciché avrebbe dunque inasprito anche i rapporti con Fdi, visto che i meloniani non erano stati avvisati per tempo. Nello Musumeci, nonostante abbia fondato da tempo un movimento tutto suo, da tempo è considerato vicino a Fdi: da Giorgia Meloni ha avuto un timido placet alla candidatura per la presidenza della Regione. Con queste fratture sembra presentarsi la coalizione di governo alle prossime amministrative di Palermo: “Saranno le primarie del centrodestra in vista delle Regionali”, suggeriscono i ben informati. Di certo su Palermo non pare arretrare Meloni. La sua candidata, Carolina Varchi, ha già iniziato il tour elettorale alla conquista del capoluogo, dove già ci sono 4 candidati solo nel centrodestra: oltre Varchi, anche Francesco Scoma, indicato dai leghisti, Francesco Cascio, su cui punta Micciché, e Roberto Lagalla, assessore di Musumeci, che due giorni fa ha annunciato le dimissioni per concorrere alla guida della città. Sul suo nome potrebbe convergere l’ala dissidente di Fi. È così che Palermo si fa ippodromo per i cavalli in corsa alle amministrative nel centrodestra: chi avrà la meglio, potrebbe avere più voce in capitolo per la presidenza di tutta l’isola. In ballo ci sono però anche gli equilibri nazionali. Non a caso Dell’Utri – già si era mosso nei mesi scorsi per la possibile candidatura alla presidenza della Repubblica di Silvio Berlusconi, cercando un accordo perfino con Matteo Renzi – torni adesso nel capoluogo, muovendosi sempre meno nell’ombra seguendo le indicazioni dell’ex presidente del consiglio. Dando alle elezioni siciliane qualcosa in più di un sapore retrò. Da un lato il ritorno sulla scena politica di Totò Cuffaro, dall’altro i movimenti di Dell’Utri sull’isola per ristabilire gli equilibri all’interno della colazione.

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