Il mese scorso il ministro delle finanze russo, Anton Siluanov, ha affermato che l’idea che vengano imposte ulteriori sanzioni contro la Russia non è piacevole ma è risolvibile. Siluanov si riferiva alle misure adottate dal presidente Vladimir Putin dal 2014, da quando a seguito dell’annessione della Crimea l’occidente ha applicato sanzioni contro la Russia. Ciò che i paesi della Nato non hanno preso in considerazione è la preparazione dettagliata e strategica che, alla luce di questo precedente, la Russia ha condotto per far fronte alla prossima ondata di sanzioni. Ciò significa che le sanzioni imposte nel 2014, nel 2015 ed anche nel 2016, dopo le ingerenze di Mosca nelle elezioni americane, sono state la palestra dove l’economia russa si è allenata per le prossime, quelle davvero serie che l’attacco sferrato nella notte del 24 febbraio potrebbero produrre. Morale: almeno per il momento, Putin si trova in una situazione di vantaggio in quanto pronto per la risposta occidentale avendo ristrutturato l’economia nazionale per limitarne le conseguenze.

Dal 2014 Mosca ha messo in atto un dettagliato programma di trasformazione economica e finanziaria definito Fortezza Russia che oggi rende il Cremlino meno ricattabile dalle sanzioni. Obiettivo principale di Fortezza Russia è stata la rimozione delle interdipendenze economiche e finanziarie con l’occidente. Il primo passo è stata la de-dollarizzazione dell’economia, e cioè la riduzione della percentuale di transazioni internazionali condotte in dollari, ad esempio per l’esportazione del petrolio e del gas naturale. Ciò è avvenuto utilizzando l’euro e lo yuan. In questo modo anche se il clearing dei pagamenti in dollari, che viene effettuato a New York, venisse bloccato l’impatto sarebbe ridotto.

Il governo di Mosca ha anche intrapreso i primi passi per creare un proprio sistema di pagamenti internazionali, nel caso venisse interrotto lo Swift, il servizio di messaggistica finanziaria globale supervisionato dalle principali banche centrali occidentali. Dal 2014 la Russia ha anche ridotto le dimensioni del budget, dando la priorità alla stabilità rispetto alla crescita. Anche per queste scelte l’economia russa è cresciuta in media meno dell’1 per cento all’anno negli ultimi dieci anni. Questa strategia ha reso l’economia più autosufficiente e meno dipendente dalle importazioni. Dal 2014 la Russia ha smesso di importare alcune merci dall’Occidente, quelle colpite dalle sanzioni o quelle reputate strategicamente pericolose, e ha cercato di produrre a livello nazionale prodotti come medicine, alcuni tipi di tecnologia e anche cibo.

Nel 2014, ad esempio, come rappresaglia contro le sanzioni, la Russia ha bloccato la maggior parte delle importazioni di cibo occidentale. Tutto, da frutta e verdura, carne, formaggi francesi, alimento base tra la classe media di Mosca e San Pietroburgo, è stato colpito. E da allora i formaggi si sono prodotti in Russia da un’industria nuova che ormai soddisfa il fabbisogno nazionale. Dal 2014 la Russia ha anche ridotto la sua dipendenza da prestiti e investimenti esteri e ha cercato attivamente nuove opportunità commerciali lontano dai mercati occidentali. L’Asia in generale e la Cina in particolare hanno giocato un ruolo molto importante in questa strategia. Insieme all’aumento delle joint-venture con la Cina, nel 2019 Mosca e Pechino hanno aperto il gasdotto Power of Siberia che ha l’obiettivo di trasformare il mercato cinese nell’importatore massimo dell’energia russa, e Putin ha già approvato Power of Siberia 2. Nel 2021 l’interscambio tra le due nazioni ha registrato valori superiori a 140 miliardi di dollari.

Altro settore strategico di Fortezza Russia sono le riserve, in valuta estera e oro, che a gennaio erano a livelli record, pari a 630 miliardi di dollari. Si tratta delle quarte riserve più ricche al mondo. Interessante notare che solo il 16% della valuta estera russa è attualmente in dollari, in calo rispetto al 40% di cinque anni fa. Circa il 13% è ora denominato in renminbi cinese.

Riassumendo, una rapida vittoria dell’occidente utilizzando le sanzioni economiche sembra improbabile per una serie di fattori: in primo luogo, Putin ha isolato la Russia dall’occidente sin dall’invasione della Crimea nel 2014. In secondo luogo, l’autosufficienza è stata accompagnata da un tentativo di diversificazione, con un deliberato perno politico nei confronti della Cina. In terzo luogo, la Russia ha utilizzato il denaro ricevuto dalle sue esportazioni di petrolio e gas per costruire sostanziali difese finanziarie. Infine, Mosca ha immense riserve in valuta estera e, per gli standard internazionali, ha livelli estremamente bassi di debito nazionale. Mentre la pandemia ha fatto salire il rapporto debito nazionale/Pil del Regno Unito al di sopra del 100 per cento, in Russia è oggi inferiore al 20 per cento. Putin si è preparato alla guerra, ha impiegato anni per farlo, e noi?

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