Donetsk e Luhansk sono le due autoproclamate repubbliche filorusse in territorio ucraino che Vladimir Putin ha appena riconosciuto, aumentando la tensioni con l’Occidente. I due territori sono contigui e si trovano a ridosso del confine fra Ucraina e Russia, fanno parte della regione mineraria ucraina del Donbass. Insieme coprono un’area di quasi 17mila chilometri quadrati, dove vivono circa 3,7 milioni di persone.

La repubblica di Donetsk è stata autoproclamata il 7 aprile 2014 e quella di Luhansk solo tre settimane più tardi, in seguito alle manifestazioni di militanti filorussi contro il nuovo governo filo occidentale, insediatosi all’inizio dello stesso anno in Ucraina dopo le proteste popolari di piazza Maidan a Kiev e la cacciata di Viktor Yanukovich (filo-russo). In aprile miliziani armati si sono impadroniti dei palazzi governativi, grazie all’appoggio occulto di Mosca, che forniva denaro e armi. L’11 maggio le due repubbliche sono state confermate da referendum non riconosciuti dalla comunità internazionale e dal governo ucraino. Da allora Donetsk e Luhansk sono al centro di un conflitto, mai veramente cessato, che ha già causato almeno 14mila morti. Solo il protocollo di Minsk del 5 settembre 2014 e il successivo Minsk II del 12 febbraio 2015 hanno instaurato un cessate il fuoco, frequentemente violato, che quanto meno aveva ridotto l’intensità del conflitto fino alla crisi in corso.

L’Ucraina accusa Mosca di aver alimentato la rivolta e di armare i ribelli, nonché di aver dispiegato militari russi nelle due repubbliche. Dal 2019 agli abitanti di questi due territori è stato concesso una via rapida per ottenere il passaporto russo, finora rilasciato a circa 770mila persone. Con la “madre Russia” c’è un legame antico, rafforzato da una Chiesa ortodossa locale che si è staccata da quella ucraina per legarsi a Mosca. Questo legame si nutre anche dell’insofferenza della popolazione verso lo Stato centrale. Perché le condizioni generali di vita, dall’uscita dell’Ucraina dall’Urss, nel 1991, sono peggiorate progressivamente. E allo stesso tempo, sono cresciute le pulsioni secessioniste. Anche le intese sottoscritte a Minsk non sono state finora risolutive, perché in parte non attuate da entrambe le parti. Mosca non è formalmente parte nel conflitto e quindi non si sente vincolata. Mentre le autorità di Kiev, su pressione della frangia nazionalista del Paese, non riescono a concedere l’autonomia ai separatisti. Ed il conflitto, anziché finire, è riesploso.

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