Sono passati 30 anni quando Antonio Di Pietro ha arrestato Mario Chiesa. Era il 17 febbraio 1992: allora iniziò l’inchiesta giudiziaria che ha segnato un prima e un dopo nella politica italiana: Mani pulite. Mario Chiesa finisce in carcere per aver intascato una mazzetta, dopo pochi giorni inizia a collaborare e l’inchiesta ha una svolta. Chiesa, socialista vicinissimo a Craxi, scaricato dal partito, chiama in causa alcuni imprenditori e tutti gli imprenditori improvvisamente collaborano.

“In realtà c’erano delle altre cose, la prima è che Chiesa all’inizio non parla – spiega Piercamillo Davigo -. Decide di parlare per due fattori. Secondo me. Il primo fattore riguarda la sua causa di separazione. Di Pietro era venuto a conoscenza dell’esistenza in Svizzera di due conti intestati al nome di acque minerali. E aveva fatto una rogatoria credo ottenendo il sequestro delle somme. Aveva detto all’avvocato di Chiesa: dica al suo cliente che l’acqua minerale è finita. L’avvocato disse che non capiva, Di Pietro rispose capirà lui. E la seconda cosa fu che Craxi, il segretario del Partito Socialista cui apparteneva la Chiesa, disse che lui si trovava nei guai per colpa di un isolato mariuolo e che in 50 anni nessun amministratore del suo partito nella città di Milano era mai stato condannato con sentenza definitiva per reati contro la pubblica amministrazione”.

E questo, secondo il racconto dell’ex magistrato, è un passo falso da parte di Craxi: “Chiesa l’ha presa come l’essere scaricato e isolato. Pochissimo tempo dopo, il 3 luglio, Craxi alla Camera pronuncia un famoso discorso in cui dice che fin da quando sono ragazzino che so che si fanno queste cose ecc. il sistema di finanziamento della politica è in larga misura irregolare o illegale eccetera eccetera”.

Ma perché gli imprenditori iniziano a parlare proprio nel 92? Perché non prima? “Fino a quel momento – spiega Davigo – gli imprenditori erano riusciti tranquillamente a trasferire il costo delle tangenti sulla pubblica amministrazione, attraverso la revisione e le varianti in corso d’opera o le revisioni dei prezzi, i costi che c’erano. Nel 92, anzi forse già nel 91, c’era stata una stretta di bilancio imposta dal governo. Ovviamente la stretta di bilancio serviva a impedire la traslazione dei costi delle tangenti sulla Pubblica Amministrazione, quindi improvvisamente questi costi andavano a incidere non più sul costo delle opere ma sul profitto degli imprenditori i quali hanno cominciato a sentirsi concussi. La concussione quando uno è costretto o indotto a pagare in una situazione di inferiorità rispetto al pubblico ufficiale”.

A Piercamillo Davigo fa eco un altro ex magistrato, componente del pool di Mani Pulite, Gherardo Colombo: “Adesso la vulgata, il senso collettivo di questa roba qua è che Mani pulite è stata una specie di invenzione, che la corruzione non c’era, e che abbiamo messo in prigione le persone per fare un colpo di Stato e addirittura se chiediamo che sia accertato che quel che si dice in proposito non è vero da parte delle autorità giudiziarie ormai il diritto di critica copre praticamente tutto…”. Poi, conclude raccontando il sistema: “Sulla sanità lombarda abbiamo trovato proprio lo schema di distribuzione degli appalti con le percentuali per ciascuna impresa, riferite a ciascun ospedale. Io credo che alla fine noi siamo arrivati a 700 rogatorie internazionali rivolte a una trentina di paesi, sopratutto alla Svizzera, tutte indirizzate a ottenere conti correnti bancari o documentazione societaria. Ogni volta che ci arrivava una risposta erano decine e decine di corruzioni in più che noi scoprivamo… e invece adesso c’è questa credenza popolare secondo cui ci siamo inventati tutto…”

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