Dopo oltre due ore e mezza di vertice, i leader dei partiti del centrodestra, riuniti a Villa Grande, residenza romana di Silvio Berlusconi, hanno chiesto al presidente azzurro di sciogliere la riserva per la candidatura alla presidenza della Repubblica, in vista del voto che partirà il 24 gennaio a Montecitorio.
Dal segretario leghista Matteo Salvini alla leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni, passando per Lorenzo Cesa (Udc) e Luigi Brugnaro (Coraggio Italia), intorno alle 17, sono uscite tutte le delegazioni dei partiti riuniti nella residenza romana di Berlusconi. Nessuno ha voluto rilasciare dichiarazioni ai cronisti, tranne Maurizio Lupi, deputato di Noi con l’Italia: “I numeri e i 60 voti mancanti per l’elezione, rispetto a quelli di partenza del centrodestra? Si deve aprire il dialogo, in tutta la prossima settimana, tra le forze parlamentari. Non è Berlusconi che deve trovare i suoi 60 voti, è la coalizione di centrodestra che parte dai suoi numeri, compattamente, e che dialoga con tutti gli altri gruppi parlamentari per verificare se ci sono le condizioni per arrivare alla elezione del presidente della Repubblica”, ha tagliato corto Lupi.
E ancora: “Non stiamo prendendo tempo: la prossima settimana ci vedremo ulteriormente. Abbiamo anche fatto un appello ai presidenti di Camera e Senato perché tutti e 1009 i grandi elettori siano messi in condizione di votare. Ci sono tantissimi strumenti. Sarebbe un precedente gravissimo non farli votare”, ha concluso Lupi, prima di lasciare Villa Grande.
Al vertice tra i leader del centrodestra ha partecipato anche l’ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta, che non ha però voluto rilasciare alcun commento sulla scelta del centrodestra di chiedere a Berlusconi di correre per il Quirinale. Proprio le parole di Letta, il più autorevole dei consiglieri berlusconiani, che aveva invitato “i grandi elettori, parlamentari e non”, a “ispirarsi alla lezione” giunta dalla commemorazione in Parlamento di David Sassoli e “guardare agli interessi del Paese e non alle differenze di parte” avevano aperto un caso, considerate quasi una sconfessione rispetto alla corsa dell’ex presidente del Consiglio e leader di Forza Italia.
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