“Il Governo si è inceppato“. Non lo dice qualche esponente di Fratelli d’Italia, unico partito all’opposizione, e neppure la parte dei 5 stelle che storicamente è più critica con la maggioranza. Ad attaccare l’esecutivo è invece Carlo Calenda, uno che negli scorsi mesi si è segnalato tra i principali estimatori del presidente del consiglio. Ancora poco prima di Natale, il leader di Azione rilasciava dichiarazioni di questo tenore: “La patria reclama che Draghi resti premier, per questa e anche per la prossima legislatura, a parer mio”.

Oggi, invece, con un intervento sull’Huffington post, Calenda usa un tono completamente diverso. “In un mese l’esecutivo Draghi ha compiuto passi falsi su almeno tre questioni decisive per il paese. La legge di bilancio è debole, poco ambiziosa; la risposta alla crisi determinata dall’aumento dei prezzi dell’energia è stata sin qui tattica e incapace di mettere a riparo le imprese dal rischio di fermata produttiva; il ‘mezzo obbligo vaccinale‘ e la selva di eccezioni, date di ingresso, esenzioni e sanzioni che lo accompagnano. Un provvedimento del tutto inadeguato per affrontare Omicron“, scrive l’europarlamentare eletto con il Pd. Che poi individua nella corsa al Quirinale – con Draghi che si è praticamente candidato – il motivo che ha portato il governo a incepparsi. “L’approssimarsi dell’elezione del presidente della Repubblica ha indebolito la coesione della maggioranza e l’azione del Governo. I partiti hanno iniziato a tirare la coperta nella propria direzione, che raramente coincide con l’interesse del paese. Il Quirinale (e l’eventuale elezione di Draghi) ha determinato una impasse da cui sembra difficile uscire. Invece di continuare con l’inutile gioco sull’identikit del prossimo presidente della Repubblica dovremmo rovesciare la prospettiva e verificare prima di tutto se esistono le condizioni per la continuazione del Governo Draghi. Tutto dipende dalla possibilità di siglare un accordo di fine legislatura solido e ambizioso”, prosegue il capo di Azione.

Anche se critica il governo, però, Calenda sembra avere ancora grande fiducia nel premier: “Ovviamente sarà il presidente Draghi a dover definire l’agenda e proporla ai partiti. Il momento è arrivato. Il capitale politico di Draghi non è illimitato e occorrerà tutta la forza del suo prestigio per imporre un’agenda sensata”. C’è però un problema: “La volontà del presidente del Consiglio di rimanere al suo posto o la sua legittima ambizione di andare al Quirinale. Sappiamo tutti che la questione vera per l’Italia non è ‘garantire’ ma far accadere le cose. Abbiamo avuto ottimi presidenti della Repubblica negli ultimi trent’anni che non hanno però potuto evitare un declino drammatico del paese. La vera sfida – e la vera gloria – sta nella capacità di sbloccare finalmente un paese fermo da almeno tre lustri. E lo si può fare solo da Palazzo Chigi”. E quindi Calenda rimane della sua idea: Draghi deve rimanere premier. Anche se ultimamente sembra molto più interessato a un trasloco al Colle. Calenda però insiste col patto di fine legislatura: “Draghi dovrebbe insomma fare una proposta indecente per rimanere a Chigi. Al no dei partiti corrisponderebbe un percorso spianato per il Quirinale”.