Omicron, la variante senza controllo in impennata, tamponi serviti anche al pranzo di Natale insieme a timballo e cappone. Un Natale di magro, come suggerisce la tradizione, il giorno della Vigilia. Meno ammucchiate in famiglia, davanti a struffoli e panettoni, meno rischi che scoppino liti tra commensali dal tasso alcolico e collerico. Interscambiabili.
Mentre scrivo una cifra da pelle d’oca passa in sovrimpressione sulle news di Cnn, 167mila bambini sono rimasti orfani causa covid.
Quanto basta perché il mio, non so il vostro, sarà un Natalino denatalizzato. Mi infiocchetto allora sotto l’albero immaginario un vestito rosso natalizio dello stilista Roberto Cappucci appena celebrato per il suoi 91 (un anno di ritardo dovuto al Covid) da tanto di mostra alla Triennale di Milano. L’abito scultura, tutta una plissettatura ad arte, è andato in scena al Teatro San Carlo per il Capriccio di Strauss su scenografie di Arnoldo Pomodoro nel 2002.
Ovviamente non posso permettermelo. Ma averlo visto è già un regalo inaspettato. E’ l’abito regina di Prêt à parterre: di moda in modi al San Carlo, la mostra/vernissage appena inaugurata al MeMus, Museo e Archivio del Teatro di San Carlo, ma si accede dalla monumentale scalinata di Palazzo Reale. Uno spettacolo nello spettacolo, un tuffo nel passato, quando andare a teatro era l’evento a cui partecipava tutta la città, le istituzione e i rotocalchi. Nel parterre sedevano Sofia Loren, Grace Kelly e Ingrid Bergman, assediate dai paparazzi.
La musica pulisce l’anima dalla polvere della vita di ogni giorno. Così la pensava Roberto Rossellini quando mise in scena Otello nel 1962.
Creator e curatrice della mostra Emmanuela Spedaliere, vicesovrintendente del San Carlo, insieme a Giovanna Dinaro e Giusi Giustino. Una narrazione visiva e audiovisiva che parte dagli anni Cinquanta, la dolce vita del San Carlo. Nel palco reale non siede più il re, ma l’alta aristocrazia ha continuato a mantenere un rapporto stretto con il teatro. Quando gli abiti si ordinavano solo in sartorie d’alta moda e guai a indossarli una seconda volta.
“Abito questo teatro da oltre vent’anni -racconta Emmanuela Spedalieree – sono stata testimone di oltre quattromila alzate di sipario. Sotto i miei occhi ha sfilato un pubblico di appassionati e non, di ogni età e provenienza, un rituale in cui si possono recitare regole sociali. Sedevano in platea ma si sentivano anche loro in scena, come attori di un’opera, parte di un copione in atto dall’altra parte del palcoscenico”. A teatro come al cinema, registi e costumisti hanno decretato mode e modi di essere nella società. Una mostra che da Napoli si farà itinerante nel modo.
L’abito fa il monaco, buon babbo Natale a voi.
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