È attesa nelle prossime settimane l’autorizzazione del quarto vaccino made in Usa. Il composto sviluppato da Novavax – sottoposto a rolling review dall’Agenzia europea per i farmaci – si basa su una diversa tecnologia rispetto a quelli finora autorizzati in Ue. Il vaccino è stato sviluppato con la tecnica delle proteine ricombinati: contiene una proteina spike di prefusione a tutta lunghezza realizzata utilizzando la tecnologia delle nanoparticelle ricombinanti e un adiuvante. “La proteina purificata è codificata dalla sequenza genetica della proteina spike (S) Sars Cov 2 ed è prodotta nelle cellule degli insetti. Non può causare Covid né replicarsi, è stabile a una temperatura compresa tra 2 ° C e 8 ° C e viene spedito in una formulazione liquida pronta per l’uso che consente la distribuzione utilizzando i canali della catena di approvvigionamento dei vaccini esistenti” aveva spiegato l’azienda nel giorno della presentazione dei dati. Prevede due dosi e può essere conservato in frigorifero. Al momento, è stato autorizzato per l’uso di emergenza solo in Indonesia.

Lo studio di Novavax ha coinvolto quasi 30.000 persone di età pari o superiore a 18 anni negli Stati Uniti e in Messico. Due terzi hanno ricevuto due dosi del vaccino, a distanza di tre settimane, e il resto ha ricevuto iniezioni placebo. Sono stati rilevati 77 casi di Covid-19: 14 nel gruppo che ha ricevuto il vaccino e il resto in volontari. Nessuno nel gruppo immunizzato ha avuto una malattia moderata o grave, rispetto ai 14 nel gruppo placebo. Gli effetti collaterali sono stati per lo più lievi, come dolore nel sito di iniezione. Non ci sono state segnalazioni di coaguli di sangue insoliti o problemi cardiaci, secondo quanto riferito dall’azienda. Novavax ha riportato i risultati in un comunicato stampa e prevede di pubblicarlo su una rivista medica, dove sarà controllato da esperti indipendenti. La società con sede nel Maryland ha precedentemente pubblicato i risultati di studi più piccoli in Gran Bretagna e Sudafrica.

I vaccini a Rna messaggero come Pfizer e Moderna sono sviluppati con una tecnica nuova ma a cui si è arrivati dopo almeno 20 anni di studi. Come spiega l’ospedale Bambino Gesù in una scheda tecnica sui vaccini mentre il Dna può sopravvivere per giorni o settimane a temperatura ambiente e si conserva addirittura per decine di migliaia di anni in alcuni fossili, l’Rna è una molecola effimera, fragile che è presente nella cellula unicamente durante lo svolgimento della sua specifica funzione e si degrada molto facilmente. Per questo motivo, i vaccini a Rna messaggero devono essere conservati a temperature fino a 80 gradi sotto lo zero. All’interno del vaccino, l’mRna è protetto, incapsulato all’interno di sfere fatte di grassi (liposomi), simili a quelli presenti delle nostre cellule. Una volta iniettati nel nostro corpo, i liposomi liberano l’mRna che contiene le informazioni necessarie per produrre la proteina Spike del virus. Questa proteina normalmente viene utilizzata dal virus come una sorta di uncino, per agganciarsi alle cellule delle nostre vie respiratorie, entrare al loro interno e moltiplicarsi causando la malattia. In tutte le nostre cellule ci sono delle piccole fabbriche, i ribosomi, che traducono l’informazione dell’mRna in proteine. L’mRna che si trova nel vaccino, una volta entrato nelle cellule viene letto dai ribosomi che produrranno tante copie della proteina Spike del SARS-CoV-2. Una volta che le nostre cellule avranno prodotto la proteina Spike, questa uscirà dalla cellula e verrà riconosciuta come estranea dal sistema immunitario. L’importante è che la proteina Spike, da sola, attiva una reazione immunitaria ma non è in grado di provocare la malattia perché rappresenta soltanto una piccola parte del virus.

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