Tim riprende la sua corsa in borsa dopo la battuta di arresto di ieri (- 4,7%) seguita al più 32% di lunedì. I titoli hanno chiuso la seduta con un rialzo del 15,6% raggiungendo gli 05 euro, in linea con quanto offerto dal fondo statunitense Kkr. Nella serata di ieri si sono rincorse indiscrezioni su un possibile rialzo dell’offerta di Kkr rispetto all’iniziale 0,5 centesimi, ipotesi poi smentita dal fondo statunitense. Fonti vicine al dossier ribadiscono che Kkr “è totalmente e solamente focalizzata sull’offerta presentata al board di Tim il 21 novembre “. Ieri il gruppo francese Vivendi, primo socio di Tim con il 24%, ha ribadito di non avere intenzione di vendere la sua quota a queste condizioni. Vivendi ha acquistato le azioni ad un prezzo medio di circa 1 euro e le ha poi svalutate a 88 centesimi. Valore comunque ben superiore all’offerta di Kkr, aderire significherebbe portare a casa altre perdite.

Altro azionista chiave di Tim è Cassa depositi e prestiti con una quota del 9,8%. Il governo dispone di una golden power sulla società, vale a dire la facoltà di bloccare offerte che non siano giudicate conformi agli interessi strategici del paese. In serata il presidente del Consiglio Mario Draghi ha affermato che le priorità del governo sono la difesa dell’occupazione della rete e delle tecnologie incorporate nel gruppo. Draghi ha aggiunto che “siamo ancora ai primissimi passi e molte cose sono ancora da valutare”.

“Parlare allo stato attuale di esercizio dei poteri speciali è prematuro perché bisognerà attendere gli sviluppi con i contenuti dell’operazione che andrà vagliata dal punto di vista dei profili strategici” aveva detto in mattinata il ministro dello Sviluppo Economico, Giancarlo Giorgetti alla Camera. “Al momento siamo in presenza di una manifestazione d’interesse, non è una proposta vincolate, ogni valutazione sarà fatta quando l’operazione sarà formalizzata. In quel caso saranno attentamente valutati i profili di interesse pubblico”, ha concluso il ministro.

I sindacati, preoccupati per le possibili ricadute occupazionali dell’operazione, chiedono di conoscere la posizione del governo e il piano industriale di Tim. Difendono l’amministratore delegato Luigi Gubitosi che invece non piace a Vivendi. Mandarlo via sarebbe “un salto nel buio” ma non solo, gli riconoscono di aver “instaurato corrette relazioni industriali. Il tutto finalizzato alla stabilità occupazionale, al rilancio delle attività e a un progressivo riconoscimento delle professionalità”, scrivono congiuntamente le tre principali sigle sindacali Slc Cgil, Fistel Cisl e Uilcom Uil.

Le organizzazioni dei lavoratori chiedono quindi al governo di tornare al progetto Rete Unica per realizzare il Piano Italia a 1Giga e di far crescere la presenza di Cdp nel capitale di Tim. Vivendi ha “generato e alimentato tensioni all’interno dell’azienda puntando a indebolire i vari management che si sono succeduti” scrivono i tre sindacati che “auspicano una maggior presenza dello Stato tramite Cdp per dare garanzie e stabilità”. I sindacati “auspicano una seria e approfondita valutazione da parte del Governo del ritorno al progetto Rete Unica”.

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