In alcuni casi la ragione è da ricercare in anomalie del sistema informatico, in altri in un “cortocircuito” innescato dalle viti usate per fissare le schede elettroniche. In almeno un’occasione, invece, nemmeno i periti nominati dalla procura di Milano sono riusciti a trovare una spiegazione plausibile al di là di possibili “disturbi elettromagnetici” che interferivano con il sistema frenante.

A due anni da quelle frenate indebite dei treni del metrò lungo la linea verde e rossa, che provocarono diversi feriti con contusioni e in alcuni casi con fratture, i magistrati di Milano sono arrivati a un’articolata conclusione e contestano il reato di lesioni personali colpose a tre persone. Si tratta di Michele Viale, presidente di Alstom Ferroviaria S.p.A., produttore del sistema di segnalamento e controllo della marcia dei treni, di Andrea Rossi e Carlalberto Guglielminotti, rispettivamente presidente e amministratore di Engie Eps, subfornitore di Tattile srl, il produttore del captatore di bordo sulle motrici della linea verde della metropolitana milanese. La pm Maura Ripamonti ha escluso il disastro ferroviario dalle incolpazioni degli indagati perché “né per numero né per gravità di feriti” nessuna delle frenate “può essere qualificata” in quel modo, poiché nessuna vittima è mai finita in “pericolo di vita”.

La ricostruzione dei consulenti della procura afferma che le frenate improvvise, che sbalzavano i passeggeri all’interno delle vetture, sono dovuti in buona parte – come spiegano Il Corriere della Sera e Il Giorno, a una sorta di ‘errata comunicazione’ tra sistemi di bordo e sistemi di terra: difetti che, riporta Il Corriere, Atm aveva segnalato dal 2011 e ancora nel 2017 e nel 2018. In altri casi – sempre secondo la perizia – le frenate improvvise sarebbero state provocate da un anomalo funzionamento del sistema di segnalamento discontinuo che dovrebbe bloccare un convoglio solo se il binario è ‘occupato’ da un altro treno.

Invece avveniva anche a linea ‘sgombra’ a causa, dicono i consulenti, di un ‘contatto’ tra le viti di fissaggio della scheda elettronico e il corpo del captatore. Il motivo? “In difformità dell’originario progetto meccanico, il produttore Engie Eps non utilizzava rondelle dentate antislittamento, più in grado di resistere all’allentamento delle viti favorito dalle vibrazioni usuali sul corpo captatore dalla marcia del treno” e così “il progressivo allentamento determinava il cortocircuito delle schede elettroniche, che a sua volta provocava l’azione della frenatura di emergenza quale autoprotezione”, si legge in un passaggio della consulenza pubblicato dal Corriere.

In altri casi l’errore sarebbe stato invece umano e Atm “è intervenuta con un potenziamento dei programmi di aggiornamento periodico delle competenze dei conducenti dei treni”, spiegano i magistrati. In un ultimo caso – la frenata improvvisa del 9 marzo 2019 sulla linea 1 rossa a Cadorna – i periti spiegano che l’unica causa plausibile è imputabile a “una serie di disturbi elettromagnetici che potrebbero aver interferito con la regolare strumentazione del treno”.

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