Fra le periferie di Milano si registra un aumento di richieste d’aiuto pari al 95%. In termini assoluti: nel 2019 le persone erano 2.024 (671 famiglie), nel 2020 sono diventate 3.957 (1151 famiglie). Il 37% di queste persone riceve il reddito di cittadinanza, ed è grazie a questo strumento se sono riuscite a fare la spesa. Ecco perché, secondo ActionAid, sono necessarie misure di sostegno a lungo termine, e non di carattere emergenziale e provvisorio. Emerge dal report “La fame non raccontata” lanciato il 18 ottobre dall’organizzazione in collaborazione con Csv Milano. Una ricerca sul territorio metropolitano del capoluogo lombardo, cioè Corsico, Cinisello Balsamo, Baranzate, Rozzano. Qui, sono state indagate le cosiddette sei dimensioni della povertà alimentare – accessibilità economica e fisica, adeguatezza nutrizionale, disponibilità, utilizzo, dimensione emozionale e psicologica, dimensione sociale e culturale – con un’indagine qualitativa tramite le interviste di 53 famiglie distribuite su quattro realtà di assistenza e solidarietà alimentare presenti sull’area. Sono La Speranza – Corsico, La Rotonda – Baranzate, Fondazione Progetto Arca/Bottega Solidale – Rozzano, Il Torpedone – Cinisello.

AUMENTANO LE RICHIESTE D’AIUTO – Secondo quanto emerso dal report, il 63% degli intervistati si è rivolto al centro di assistenza prima della pandemia e il 37% durante la pandemia. Si tratta di persone con entrate minime che hanno patito in modo particolare i colpi del Covid e si sono ritrovate in una condizione di povertà alimentare. Un’espressione che indica – ricorda ActionAid – non solo la mancanza di cibo, ma anche di alimenti di qualità e salutari e di possibilità di scelta. Le quattro realtà coinvolte aderiscono alla rete costituita dal Centro Servizi per il Volontariato-Città Metropolitana di Milano (CSV Milano) nell’ambito del progetto “Io non butto”. Aiutano le persone con diverse modalità (social market, emporio, food bank) e hanno tutte registrato un aumento delle richieste a causa della pandemia. La Speranza ha riscontrato l’aumento minimo – 20% – mentre Bottega Solidale Fondazione Progetto Arca il massimo, cioè il 196%. Nel complesso, si legge nel report, le quattro associazioni sono passate da una totale di 2024 persone aiutate (671 famiglie) nel 2019 a 3957 persone (1151 famiglie) nel 2020 (+95%). Le famiglie di origine straniera sono passate dal 64,32% del totale nel 2019 al 69,7% nel 2020. Il totale dei minori assistiti è passato da 770 nel 2019 a 1425 nel 2020 (+85%). I dati provvisori per il 2021 suggeriscono per tutte le associazioni, ad esclusione per La Speranza, una diminuzione nelle richieste che rimangono comunque al di sopra dei numeri da pandemia.

I PROFILI – Dalla ricerca emerge inoltre come la povertà alimentare coinvolga in prevalenza le donne – 81% – che tendono a ricoprire i ruoli principali nell’organizzazione domestica degli alimenti e sono più soggette, di conseguenza, allo stress connesso alla mancanza di risorse. Nella maggior parte dei casi presentati da ActionAid sono loro a occuparsi della cucina, della spesa e della casa. E sono soprattutto loro a saltare i pasti pur di dare da mangiare ai figli. Forte anche la presenza degli stranieri – il 58%, fra questi l’89% risiede in Italia da più di 5 anni. Tra le famiglie più vulnerabili ci sono poi quelle che svolgono anche funzione di caregiver: in 9 famiglie intervistate è presente una persona disabile che richiede assistenza. Il 37% riceve il reddito di cittadinanza, che in molti casi – si legge nel report di ActionAid – ha permesso alle famiglie di fare la spesa. Il 19% ha la Naspi, il 7% è in cassa integrazione, il 4% un sussidio di disoccupazione, il 4% assegni o indennità di accompagnamento, l’11% invalidità civile ed il 30% ha confermato di ricevere altri tipi di sussidi (reddito di emergenza, bonus Covid). Emerge a livello complessivo che le entrate sono distribuite dalle famiglie fra affitti, bollette di luce, gas, benzina e costo della scuola per chi ha i figli. Molto spesso, il cibo non occupa i primi posti e al contrario va in coda alle altre priorità. Le entrate delle famiglie si basano per il 27% sul lavoro del padre/uomo capofamiglia, per il 21% sul lavoro della madre/donna capofamiglia, per il 4% sul lavoro di entrambi, per il 2% sul lavoro di altri membri del nucleo familiare e per il 45% su altro (pensione di un membro della famiglia, aiuti economici). Alle difficoltà le famiglie hanno risposto con l’eliminazione di determinati prodotti: il 60% degli intervistati ha detto di non potersi permettere l’acquisto del pesce, che in molti casi viene solo consumato in occasione di offerte vantaggiose nei supermercati o quando viene consegnato dai centri di assistenza.

COSA SERVE “La povertà alimentare è un fenomeno che va ben oltre il solo bisogno materiale e riguarda aspetti sensibili della vita di ognuno; chi non ha accesso a un cibo adeguato vede compromesso il proprio benessere psicofisico: mancanza di dieta salutare, stress, paura, esclusione sociale. Il contrasto a questo fenomeno non può passare solamente attraverso misure di natura emergenziale come è stato per i buoni spesa erogati negli ultimi diciotto mesi”, spiega Roberto Sensi, responsabile programma povertà alimentare per ActionAid. “Sono necessarie misure adeguate di sostegno al reddito in grado di garantire l’accesso a un cibo di qualità”. La mensa, per esempio. “È una politica di welfare fondamentale per sostenere l’accesso al cibo dei bambini e delle bambine. Serve perciò configurarla come servizio essenziale e garantirne l’accesso gratuito alle famiglie a basso reddito. Bisogna inoltre investire in programmi di contrasto che affianchino alla distribuzione alimentare anche altri strumenti come i voucher alimentari: questi devono essere opportunamente finanziati”, prosegue. “Infine, bisogna avviare indagini sul fenomeno anche di tipo statistico per comprenderne la diffusione, misurarne l’intensità e identificarne i bisogni e le aree di intervento”.

LA POVERTÀ IN ITALIA – La scelta di ActionAid parte dai dati Istat sulla povertà in Italia. Nel 2020 (Istat, 2021) si registra un aumento del numero di famiglie che vivono in condizioni di povertà assoluta, passate da 1,7 milioni (il 6,4% del totale) del 2019 a oltre due milioni (il 7,7% del totale). Un milione di persone in più (da 4,6 del 2019 a 5,6 del 2020) vivono in condizioni di povertà estrema a causa delle conseguenze socioeconomiche della pandemia da Covid-19. In termini assoluti l’incidenza della povertà è più alta in Meridione – 9,4% nel 2020 rispetto al 8,6% del 2019 – ma la crescita più consistente si registra in Settentrione, dove la povertà alimentare familiare sale al 7,6% dal 5,8% del 2019. Secondo i dati del Banco alimentare relativi al 2020, inoltre, il numero di assistiti a Milano e Provincia è stato di 126.660 persone, oltre il 50% del totale a livello regionale (Banco Alimentare, 2021).

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