“Sconcerto e sgomento profondi per ipotesi di una gravità senza precedenti per la Statale”. Così il suo rettore Elio Franzini ha commentato in una nota la bufera sui concorsi pilotati che si è abbattuta sul suo ateneo, con 24 docenti indagati tra i quali anche l’infettivologo Massimo Galli. Forse Franzini, da due anni e mezzo al vertice dell’Università degli Studi di Milano, poteva evitarlo: i “precedenti” infatti non mancano, e uno in particolare porta dritto al piano nobile di via Festa del Perdono dove ha il suo ufficio. L’ateneo è stato recentemente sanzionato dai giudici del Tar lombardo proprio per una brutta storia di “ingerenze” nelle procedure di selezione per un posto alla cattedra di Storia. E il rettore Franzini, stando alla sentenza, è stato parte attiva nel ribaltamento di una graduatoria già chiusa in favore di un candidato “interno” che era il meno qualificato, in danno di uno esterno che era risultato il migliore in assoluto. Un risultato – secondo i magistrati – raggiunto in “violazione dei principi di imparzialità” e con “eccesso di potere”. Il 21 gennaio scorso viene pubblicata la sentenza che condanna la Statale, università pubblica, a pagare 4mila euro di spese legali in favore del candidato più meritevole ingiustamente “sgambettato” per l’altro che era il meno idoneo alla cattedra.

A breve si discuterà l’appello avanzato dall’Università, alla luce dell’inchiesta sulla “concorsopoli” alla Statale, la vicenda merita di essere ricostruita. Non con il suo aiuto, perché dalla Statale fanno sapere che “sulla vicenda il Rettore si è espresso in una nota e per il momento non ha ulteriori commenti”. Ma parlano le carte. Quelle di un concorso surreale in cui il primo arrivato diventa ultimo e l’ultimo il primo. La storia parte nel 2018 con un bando per l’assegnazione di una cattedra in Storia economica. Luca Fantacci era il candidato esterno che ha sbaragliato tutti conseguendo il miglior risultato sia per titoli che nelle prove orali. Con queste parole il verbale della commissione giudicatrice (11 dicembre 2018) lo aveva indicato all’unanimità come il più idoneo per il posto a cattedra: “…in quanto ha dimostrato una solida preparazione dal punto di vista metodologico, accompagnata dalla capacità di analizzare direttamente tanto le fonti di carattere archivistico quanto la letteratura scientifica che caratterizza la ricerca storico-economica, sia con riferimento all’età moderna sia rispetto all’età contemporanea (…) come appare del resto evidente dalla sua estesa produzione scientifica”.

Poi un colpo di scena allontana la boccia dal boccino. Una candidata “interna” all’ateneo si piazza solo quarta per “carenza di titoli e pubblicazioni”, non viene ammessa alle prove orali ma fa un esposto al rettore evidenziando “profili di illegittimità della procedura”. Franzini ne tiene conto e nomina un collegio di verifica con funzioni consultive “a supporto della verifica della regolarità degli atti della procedura”. E fin qui, tutto bene. Poi il collegio riesamina titoli e pubblicazioni dei candidati e pur non ravvisando “vizi procedurali o arbitrarietà delle valutazioni” ribalta la graduatoria come fosse un calzino: il primo candidato finisce così quarto e cioè ultimo, il quarto arriva primo. Anche se i candidati erano gli stessi, stesse pubblicazioni e titoli.

Il rettore ribussa allora alla Commissione chiedendo di esprimere una valutazione formale e di merito, in pratica di ratificare la decisione del collegio. Il boccino però si allontana perché il 16 aprile 2019 i commissari confermano integralmente il proprio giudizio e la relativa graduatoria: niente da fare, i primi non saranno ultimi. E Franzini che fa? Revoca della commissione giudicatrice, “con conseguente inefficacia di tutti gli atti conseguenti”. Non è finita. Il pasticcio è ormai tale da diventare motivo di imbarazzo nell’ateneo. Non si trova nessuno che ci metta la faccia, tanto che per due volte la nomina dei nuovi componenti della commissione va a vuoto per espressa rinuncia dei prof. Il 23 agosto 2019, Franzini, “preso atto delle rinunce”, revoca il bando e in via definitiva anche la procedura in corso.

Come dire, non è successo nulla. Il Tar però ricostruisce diversamente. L’assunzione in questione, argomentato i magistrati, era stata dettata da un programma triennale stilato in base al fabbisogno dei dipartimenti, inoltre nessun motivo di ordine economico o organizzativo era stato sollevato per avvallare la decisione di revoca del bando da parte del rettore. C’è anche di più. L’esposto all’origine di tutto, preso tanto sul serio, era “una sorta di pretesto per rifare il giudizio compartivo sovvertendo gli esiti del concorso”, scriveranno i giudici insieme a parole pesanti nei confronti del rettore: “Violazione dei principi di imparzialità”, “eccesso di potere”. Giudizi che mal si conciliano con lo “sconcerto” e “sgomento” che manifesta oggi davanti all’indagine sui concorsi pilotati nel suo ateneo. Per la cronaca: il candidato migliore sgambettato nell’università pubblica insegna lo stesso Storia. Ma alla Bocconi.

Aggiornato giovedì 7 ottobre ore 23:00

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