Non le ha dato nemmeno il tempo di scendere dall’auto. L’ha afferrata per i capelli e con una coltellata le ha tagliato la gola. Così, intorno alle 10, è stata uccisa a Bronte, in provincia di Catania, Ada Rotini, 46 anni, che lavorava come badante. A toglierle la vita è stato il marito Filippo Asero, 47 anni. Dopo averla uccisa avrebbe continuato a pugnalarla per poi tentare il suicidio conficcandosi l’arma nel petto. Asero però non è morto ed è stato trasferito con l’elisoccorso all’ospedale Cannizzaro di Catania. Per la donna, madre di due figli, non c’è stato nulla da fare. Il suo corpo è rimasto a terra in via Boscia, una piccola stradina del centro storico del Comune pedemontano dell’Etna.

Rotini, originaria di Noto in provincia di Siracusa ma che da tempo viveva nel catanese, si era recata a Bronte con l’obiettivo di prendere alcuni oggetti rimasti a casa del marito. I due, proprio oggi, avrebbero dovuto firmare la separazione consensuale nonostante il matrimonio si fosse celebrato soltanto da qualche mese. In paese, per l’occasione, erano arrivati anche la mamma della vittima, la sorella e il cognato. Ad accompagnare la 46enne nella sua ormai ex casa è stato però un uomo di 91 anni che la donna assisteva. Secondo quanto accertato da ilfattoquotidiano.it i due hanno raggiunto via Boscia in auto: il 47enne li ha notati e si è scagliato contro la moglie provocando la reazione dell’anziano. Nella confusione del momento un fendente ha raggiunto il 91enne al braccio. L’uomo è stato trasportato in ambulanza all’ospedale Castiglione-Prestianni di Bronte e dopo le cure del caso è stato dimesso dai medici. Ad ascoltare la sua testimonianza sono stati invece i carabinieri. Rotini è morta sul colpo mentre l’uomo da cui voleva separarsi dovrebbe cavarsela dopo essere stato sottoposto a un intervento chirurgico.

Asero è un volto “noto” nel territorio per i suoi guai giudiziari. Nel 2001 venne arrestato con l’accusa di essere stato il killer che uccise Sergio Gardani, ritenuto all’epoca uno degli uomini più fedeli di Ciccio Montagno Bozzone, boss mafioso collegato alla cosca dei Mazzei di Catania. In primo grado rimediò la condanna all’ergastolo, incastrato dalla testimonianza di un minorenne che raccontò agli inquirenti di avere sentito uno dei killer dire “spara, Parracia”, soprannome con cui Asero e i suoi fratelli sono noti in paese. Successivamente però fu quella stessa frase a scagionare l’uomo. Nell’ambito di altri procedimenti emerse come le cosche di Bronte utilizzassero quelle parole per depistare eventuali testimoni nei fatti di sangue che per anni si sono registrati in zona. Trascorsi quattro anni dietro le sbarre, Asero fu assolto in appello e tornò a Bronte.

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