La Corte di Cassazione tedesca (Bgh) ha respinto come infondati tre dei cinque ricorsi pendenti contro la condanna di primo grado per i crimini del gruppo Clandestinità nazionalsocialista: 10 omicidi e 3 attentati a sfondo xenofobo, oltre a 15 rapine (due senza refurtiva) tra il 1998 e il 2011. Beate Zschäpe, l’unica superstite del gruppo terroristico, autrice dell’incendio doloso all’ultimo covo e di tentato omicidio delle persone nell’edificio, vede così confermato l’ergastolo protratto da misure di sicurezza. È stata considerata responsabile di tutti i reati della compagine, anche se la sua presenza è stata riscontrata solo in occasione di un sopralluogo per un possibile attentato a Berlino. Ralf Wohlleben, che aiutò il gruppo a scendere in clandestinità e fornì l’arma per nove delitti, dovrà rientrare in carcere per finire di scontare la pena di dieci anni. Condanna definitiva anche per Holger Gerlach, ma a “soli” tre anni. Ottenne clemenza dai giudici per avere contribuito alle indagini, anche se nel processo si limitò ad una dichiarazione iniziale e non volle rispondere a domande.

“La decisione del Bgh non è la fine della persistente necessità di fare chiarezza su tutta la rete di appoggi del Nsu”, ha commentato l’avvocato di parte civile Sebastian Scharmer, “a tutt’oggi spunti di indagine per individuare altre persone coinvolte non sono stati seguiti senza ragione comprensibile, o sono state ostacolate per la neghittosità degli inquirenti, soprattutto dal Verfassungsschutz (l’Ufficio federale della protezione della Costituzione, ndr). La promessa del mondo politico e in particolare della cancelliera di un’indagine senza freni su tutti i coadiutori rimane ancora oggi disattesa“. Il Bgh fa una verifica di legittimità ma non di merito e quindi non ha confermato che la Corte d’Appello di Monaco presieduta dal giudice Manfred Götzl (lo stesso che aveva emesso la condanna nei confronti del boia di Falzano Josef Scheungraber) abbia individuato la reale dimensione del gruppo terroristico.

Gamze Kubasik, che perse il padre sotto i colpi del Nsu il 4 aprile 2006 a Dortmund, ha dichiarato: “La mia famiglia ed io troveremo di nuovo pace solo quando tutti gli aiutanti e responsabili saranno indagati. Vogliamo che i nostri legali possano finalmente vedere tutti gli atti! Chiediamo ulteriori – vere – indagini!”. Spera che André Eminger possa essere rinviato a giudizio e ha sfidato di nuovo Beate Zschäpe a rendere noti i nomi di tutti gli altri autori e coadiutori. “Non ha più nulla da perdere. È condannata a vita. Se volesse mai poter tornare in libertà dovrebbe aiutare a fare luce senza compromessi”. Ma è improbabile che Beate Zschäpe farà mai chiarezza. Non ha fatto una piega, quando Ismail Yozgat, il figlio ucciso a Kassel, urlò in aula straziato nella sua direzione: “Perché avete ucciso il mio agnello?”. E quando la moglie Ayse le lanciò pacata un appello a parlare, ascoltò seria, ma nulla di più.

Per anni i tabloid tedeschi avevano parlato di “Döner Morde” (i delitti del kebab, ndr) per riferire degli omicidi di cittadini di origini straniere, attribuendoli a faide criminali. Nel novembre 2011 redazioni ed istituzioni ricevettero un cd montato professionalmente che con spezzoni dei cartoni animati della Pantera Rosa doppiati, rivendicava gli assassinii e attentati a sfondo xenofobo sotto la sigla “Clandestinità nazionalsocialista”. Li aveva spediti Beate Zschäpe.

Il processo per i reati del Nsu si era aperto il 6 maggio 2013 ed era durato fino all’11 luglio 2018. Oltre ai tre imputati per i quali il Bgh ha confermato ora le condanne, anche il pentito Carsten Schultze che ha accettato e scontato la sentenza, oltre all’irriducibile André Eminger. Il suo ricorso, contrapposto a quello della Procura Generale che ha chiesto 12 anni di reclusione in luogo degli appena 2 anni e mezzo decisi dai giudici di Monaco rimettendolo in libertà per averli già tutti scontati, con il giubilo da stadio in aula dei suoi fans in oltraggio ai familiari delle vittime, sarà deciso il 2 dicembre.

Tutta la vicenda, per quanto minuziosamente ricostruita da indagini di almeno 6 commissioni parlamentari dei Länder e due del parlamento nazionale e 438 udienze processuali, ha ancora molte zone d’ombra. Il Verfassungsschutz tedesco ha avuto almeno 6 informatori che gravitavano attorno al trio, ma non è riuscito a saperne nulla. L’agente reclutatore dei servizi dell’Assia Andreas Temme era nell’internet caffè durante l’omicidio di Halit Yozgat il 6 aprile 2006 e incredibilmente per la sua statura non ha scorto il cadavere dietro il bancone uscendo. Vennero triturati in tutta fretta molti fascicoli di informatori. Tre testimoni che avrebbero potuto dare indicazioni sullo Nsu vennero trovati morti. Il presidente del Bundesamt für Verfassungsschutz Heinz Fromm (Spd), colpito dallo scandalo, diede le dimissioni e così pure i suoi omologhi in Sassonia e Turingia, Reinhard Boose e Thomas Sippel. Le inefficienze strutturali emerse hanno portato alla costituzione in Germania di un registro nazionale unico per i crimini neonazisti.

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