Si sono impegnati a rispettare i diritti delle donne ma solo “all’interno della Sharia”. Cioè la legge islamica che nelle sue applicazioni più estreme le relega ai margini della società. La Sharia è la legge sacra dell’islamismo, basata principalmente sul Corano, il libro che contiene le rivelazioni di Allah a Maometto, e sulla consuetudine (la sunna) che raccoglie norme di diverso tipo.

Sharìa in arabo letteralmente vuol dire “strada battuta“, anche se il senso comune è “legge” ed i suoi principi sono “la principale fonte della legislazione” dei Paesi islamici: come nel caso dell’Egitto che, pur moderato e con una rispettata minoranza cristiana, ha scolpito questo concetto nell’articolo 2 della propria Costituzione, quella che sta consentendo progressi nei diritti delle donne.

Ci sono però interpretazioni estreme della Sharia come quelle invocate dai terroristi islamici per giustificare i loro attentati e sgozzamenti, o da Stati come Nigeria, Arabia Saudita, Sudan, Emirati Arabi Uniti, Pakistan, Yemen e, appunto, Afghanistan per mantenere addirittura la lapidazione nella propria legislazione, sebbene manchino riferimenti diretti nel Corano a questa barbara punizione.

Ma sono anche la decapitazione, la mutilazione di arti (in teoria il furto viene punito con il taglio della mano destra) e le frustrate a confliggere con i principi del diritto occidentale, che peraltro non riconosce come delitti scelte quali l’adulterio, il consumo di alcol e l’apostasia, ossia il cambio di religione: tutti comportamenti inammissibili per la Sharia.

La legge islamica vede uomini e donne come uguali agli occhi di Dio, ma i diritti e gli obblighi loro conferiti (in particolare quelli economici) non sono identici, con gigantesche discriminazioni del genere femminile in fatto ad esempio di eredità e libertà personali, limitate dal tutore maschile quando si tratta ad esempio di viaggiare all’estero.

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