TRENTO – Galeotta fu la maglietta. O meglio, la frase che riguardava una maglietta indossata da una consigliera regionale del Trentino Alto Adige. Non è un fuori onda satirico quello che ha avuto come scenario l’aula dell’amministrazione pubblica, ma il resoconto di una seduta che si è conclusa con l’abbandono da parte delle minoranze per una frase pronunciata da un consigliere della Lega per Salvini Premier sull’abbigliamento della collega di minoranza. Risultato: è finita a torte in faccia e non è stata votata la consueta “staffetta” di metà legislatura, con passaggio della presidenza regionale da Arno Kompatscher (Sudtiroler Volkspartei), presidente della Provincia autonoma di Bolzano, a Maurizio Fugatti (Lega), presidente della Provincia autonoma di Trento.

Il fattaccio. Il consigliere leghista trentino Denis Paoli si è rivolto alla consigliera Atz Tammerle (Süd-Tiroler Freiheit): “Non siamo a un pigiama-party, dovrebbe vestirsi in modo più serio”. Il riferimento era alla maglietta rosa indossata dalla Tammerle che non l’ha presa affatto bene, come tutta la minoranza. I consiglieri si sono alzati e se ne sono andati. A quel punto è mancato il numero legale per accettare le dimissioni concordate ed eleggere Fugatti, il quale aveva già tenuto il discorso di investitura. E così una tranquilla seduta della più importante assemblea amministrativa del Trentino Alto Adige si è trasformata in una curva da stadio, che richiama però altre uscite di stampo sessista dei leghisti. “Una cosa così non la accetto”, ha dichiarato la consigliera di SüdTiroler Freiheit. “Non vedo nulla di sbagliato nel vestito che portavo, siamo rappresentanti ufficiali, tutti noi sappiamo come dobbiamo vestirci all’interno del consiglio. Argomenti come quelli sollevati da Paoli non hanno nulla a che vedere con la nostra attività all’interno dell’emiciclo. Il suo comportamento è stato anti-democratico, non professionale”.

Il precedente in casa leghista risale a qualche mese fa quando Alessandro Savoi se l’era presa con due ex compagne di gruppo passate a Fratelli d’Italia, scrivendo su un post: “Le troie restano troie”. Allora fu una polemica nazionale, questa volta è più contenuta, anche se gli effetti istituzionali prodotti potranno essere sanati solo il 7 luglio, durante la prossima seduta del consiglio regionale, con l’elezione di Fugatti.

La questione è comunque più articolata di quanto sembri e dovrebbe passare attraverso le scuse formali da parte di Paoli. Quest’ultimo aveva reagito a un intervento della Tammerle che aveva censurato il fatto che Fugatti, durante il suo discorso, avesse zittito due dipendenti regionali che stavano parlando a voce alta, con un “Oh!”. “Si possono usare le parole più belle nelle linee programmatiche, ma rivolgersi a un’altra persona richiamandola con un ‘Oh!’, e questo nella prima uscita pubblica del nuovo presidente, annulla tutto” era stato il rimbrotto di Tammerle. A quel punto Paoli aveva difeso Fugatti: “Credo che questa consigliera non sapesse bene cosa dire. Fugatti ha usato un linguaggio normale, mentre se si deve parlare di forma e serietà possiamo anche dire alla consigliera che non siamo ad un pigiama-party e avrebbe dovuto vestirsi in maniera più seria”.

Le successive richieste di scusa di Paoli sono parse ambigue alla minoranza: “Non volevo offendere nessuno, men che meno il genere femminile. Se così fosse mi scuso, ma andrò ad ascoltare il mio intervento per verificare. Avrei potuto dire la stessa cosa sulle cravatte degli uomini”. L’abbandono dell’aula ha comportato che solo 40 consiglieri hanno votato, con 35 preferenze per Fugatti. A quel punto, mancando i due terzi dei componenti, la votazione è stata annullata.

Il giorno dopo sono arrivate le dichiarazioni ufficiali. Südtiroler Volkspartei ha gelato l’alleata della Lega in maggioranza: “Quelle parole sono un errore, non si devono usare argomentazioni così per rivolgersi a qualcuno. Paoli si deve scusare, e non solo con la consigliera Atz Tammerle, ma con tutto il consiglio perché quelle sono dichiarazioni che non devono trovare spazio in un’istituzione”. Binelli, deputato leghista e commissario del partito in Trentino, se la prende a sua volta con gli altri: “Così si manca di rispetto alle istituzioni. Sono state le minoranze a mancare di rispetto, assentandosi e impedendo di eleggere il presidente. I consiglieri regionali sono pagati per fare questo, per lavorare”.

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