Istigavano violenze contro ebrei ed extracomunitari sui social. Ma erano pronti anche a passare all’azione, tanto da aver iniziato a pianificare un attacco contro una base Nato in Italia per mezzo di ordigni esplosivi artigianali, confezionati attraverso istruzioni reperite sul web. Sono in tutto 12 le persone tra i 25 e i 62 anni, accusate di associazione a delinquere finalizzata alla propaganda e all’istigazione all’odio per motivi di discriminazione etnica e religiosa, nell’ambito di un’indagine del Ros dei Carabinieri e della procura di Roma che ha portato all’emissione di altrettante misure cautelari di obbligo di presentazione all’autorità giudiziaria. Tra gli indagati anche un appartenente all’Arma dei Carabinieri in servizio a Roma. I militanti, scrive il gip nell’ordinanza, “sono accumunati da un’univoca concezione politica e culturale infarcita di sentimenti suprematisti e di disprezzo”.

I soggetti appartenevano a un’organizzazione neonazista chiamata “Ordine Ario Romano”, che aveva radici in tutta Italia: sei degli indagati si trovano nel Lazio (quattro tra Roma e provincia) uno a Latina e uno a Frosinone, tre in Sardegna, uno in Calabria, uno in Abruzzo e uno in Lombardia. A capo del movimento il 40enne Mario Marras, che attraverso i social network Vk e Whatsapp diffondeva meme di stampo razzista e antisemita, e la milanese Francesca Rizzi, insignita nell’estate del 2019 del titolo di “miss Hitler”, il contest online organizzato dalla pagina Vk Historical revisionism che ogni anno premia la partiecipante che rappresenta al meglio i requisiti della “razza ariana”. Nel provvedimento si fa riferimento a un programma “di illecita propaganda” e “un armamento ideologico tipico della propaganda nazionalsocialista”. Come emerge nell’ordinanza, “i militanti sono accumunati da un’univoca concezione politica e culturale infarcita di sentimenti suprematisti e di disprezzo”. Per essere ammessi all’organizzazione, così si evince da una delle chat agli atti, serviva una presentazione formale: “Il tuo vero nome e una tua foto per farti entrare nell’Ordine”

Una propaganda incessante per spingere i follower all’azione. Secondo il gip di Roma “la rassegna dei più qualificanti contenuti delle comunicazioni veicolate sulle pagine social del gruppo lumeggia in una visione di insieme l’attitudine a promuovere e istigare condotte violente ispirate a sentimenti razzisti e di discriminazione etnica”. Il gip, inoltre, sottolinea come “gli innumerevoli post e scritti pubblicati sulle pagine social riconducibili al gruppo e a ciascun aderente” non siano limitati “a perseguire un condizionamento puramente mentale ed ideologico nei confronti degli utenti internet, ma sono palesemente volti a instillare comportamenti concreti, violenti e provocatori”. Secondo gli inquirenti, il rischio che dalla propaganda online si potesse passare ad azioni di matrice razzista o antisemita era concreto: “Non può sfuggire la potenzialità concreta – si legge ancora – a sollecitare azioni materiali lesive della incolumità fisica di persone appartenenti a una delle comunità umane prese di mira”.

Nell’agosto dello stesso anno proprio lei aveva partecipato, a Lisbona, al raduno neonazista organizzato organizzato dal movimento portoghese di estrema destra Nova Ordem Social: una conferenza che riuniva 65 esponenti dell’estrema destra europea, tra cui i tedeschi di Die Rechte, i francesi del Parti Nationaliste Francais e gli italiani di Autonomia Nazionale, piccolo movimento guidato dalla stessa Rizzi. Secondo gli investigatori, è proprio ai portoghesi di Nova Ordem Social che la Rizzi avrebbe chiesto un supporto nell’azione verso l’obiettivo sensibile, una base Nato ancora non identificata dagli inquirenti. Come emerso nel corso dell’indagine, avviata nel novembre 2019, gli indagati, in chat e al telefono, avevano individuato il punto da colpire. E avevano iniziato a prendere nota dei movimenti della sorveglianza, per evitare di essere scoperti: “Sappiamo quando è il cambio turno delle guardie”, si legge nelle chat. Per raggiungere l’obiettivo condividevano fra loro tutorial per realizzare ordigni artigianali e si scambiavano anche informazioni logistiche. Per i suoi post antisemiti, nel novembre del 2019 la Rizzi era già finita al centro dell’operazione “Ombre nere” della Digos di Enna. Ma nonostante questo, pur disattivando i profili principali, aveva continuato l’attività di propaganda neonazista.

A essere presi di mira soprattutto stranieri e vittime dell’Olocausto. In uno dei tanti post di “Ordine Ario Romano” veniva spiegato come riconoscere un ebreo dal naso. “Non è difficile smascherarli”, si legge, “il naso ebreo classico è curvo e la gobba è nel mezzo. Non dimenticate che, con il grande benessere che possiede questa gente, molti optano per la chirurgia plastica per ridurre la dimensione o cambiare la forma ebraica dei loro nasi”. Alcuni esponenti del gruppo erano in contatto social, attraverso la piattaforma Vk, con il professor Marco Gervasoni, il professore romano dell’Università del Molise perquisito nelle scorse settimane sempre dai Ros nell’ambito dell’indagine per minacce e offese al presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

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