A poco più di due mesi dalla sentenza definitiva sono state depositate le motivazioni di condanna dell’ex assessore regionale lombardo Domenico Zambetti. È provato secondo le toghe della Cassazione “l’asservimento”– alle cosche della ‘ndrangheta trapiantate nell’hinterland milanese – da parte dell’ex politico, condannato in via definitiva a sette anni e mezzo per voto di scambio e concorso esterno in associazione mafiosa per aver promesso agli uomini delle ‘ndrine lavori e appalti pubblici in cambio di voti, dietro il pagamento di circa 200mila euro per procacciarsi 4mila preferenze su un totale di 11mila voti presi alle elezioni amministrative del 2010. Gli ermellini hanno quindi condiviso quanto accertato dalla Corte di appello di Milano con pronuncia del 23 maggio 2018. Per quanto riguarda la condanna a risarcire la Regione Lombardia con 500mila euro, tutti a suo carico, i supremi giudici hanno respinto le obiezioni della difesa di Zambetti sull’entità della somma, rilevando che con il suo arresto, avvenuto nel 2021, l’ex esponente del pdl aveva provocato un grave danno all’istituzione locale facendo cadere la giunta guidata da Roberto Formigoni.

Per quanto riguarda Ambrogio Crespi, fratello di Luigi – ex sondaggista di Silvio Berlusconi – gli ‘ermellini’ rilevano che il “compendio probatorio” converge “univocamente” a suo carico nel ritenerlo collegato “funzionalmente”, insieme a Zambetti, “al cartello ‘ndranghetistico”. Secondo la Cassazione, si può configurare il concorso esterno anche nel caso di una “attività di marketing e di consulenza elettorale, funzionale al potenziamento delle capacità di acquisizione dei consensi dell’esponente politico, a condizione che il supporto elettorale fornito – analogamente a quanto riscontrabile per Crespi – non sia limitato alla condotta considerata” ma sia “funzionale alla conservazione o al rafforzamento della consorteria”. Zambetti e Crespi sono entrati in carcere l’11 marzo scorso, due giorni dopo il verdetto della Suprema Corte. Crespi era già stato arrestato nell’ottobre 2012 insieme a Zambetti e altri indagati, tra cui Ciro Simonte e Eugenio Costantino anche loro condannati dalla Suprema Corte rispettivamente a 8 anni e a 4 anni e 4 mesi. Per Costantino, ritenuto il referente della cosca Di Grillo-Mancuso, la pena si è sommata in continuazione a una precedente condanna di 11 anni ed è salita quindi a 15 anni e 5 mesi.

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