“Questa è una pandemia, non il Grande Fratello”. “Ha solo dato sfoggio al suo ego“. “Avrebbe dovuto fare la conferenza stampa, rispondendo alle domande”. Il 22 marzo l’Italia entrava nel periodo più duro della lotta alla pandemia, con la chiusura di tutte le attività produttive non essenziali. Giuseppe Conte annunciò le nuove misure la sera del 21 marzo in diretta Facebook da Palazzo Chigi. Il giorno dopo politici e giornalisti si scagliarono contro l’allora premier per non aver fatto una conferenza stampa con delle domande. Un anno dopo, con una nuova stretta e un nuovo decreto firmato da Mario Draghi, le vecchie polemiche sull’assenza di comunicazioni e di domande sono invece sparite. Il presidente del Consiglio ha parlato per la terza volta da quando è a Palazzo Chigi e per la terza volta non c’è stata occasione di confronto con i giornalisti. Ma nessuna protesta. Il 22 marzo scorso invece intervennero direttamente l‘Ordine dei Giornalisti, l’Associazione stampa parlamentare, l’Usigrai e la Federazione nazionale stampa italiana, definendo “grave” e “inaccettabile” non aver consentito “la possibilità di porre domande da parte dei giornalisti”. Una richiesta che Conte accolse a partire dalla successiva conferenza, consentendo le domande da remoto in conferenza stampa.

Il 9 marzo 2020 l’allora premier Conte aveva esteso la zona rossa a tutto il Paese, due giorni dopo con un discorso in tv annunciò il divieto di uscire se non con una “autocertificazione”. Il 10 marzo invece, con una conferenza stampa a Palazzo Chigi, spiegò le misure prese fino a quel momento e rispose alle domande dei giornalisti. Poi però, da metà marzo in poi, la situazione peggiorò: furono i giorni dei camion dell’Esercito carichi di bare a Bergamo, dei quasi mille morti ogni 24 ore. Il 22 marzo arrivarono quindi le nuove restrizioni, annunciate in diretta Facebook da Palazzo Chigi la sera prima. Le critiche arrivarono dai politici, da Matteo Renzi a Giorgia Meloni e Matteo Salvini, ma soprattutto dalla stampa. Tutti chiedevano la possibilità di fare domande, nonostante la situazione eccezionale. “Nel più breve tempo possibile si svolga una conferenza stampa per poter approfondire i nuovi provvedimenti, formula che riteniamo debba essere la norma, ancor più in un periodo così difficile”, scrive la Stampa Parlamentare. L’Usigrai rimproverava a Conte di non aver adempiuto al “dovere di consentire ai giornalisti di poter svolgere pienamente il loro lavoro di porre domande e informare”. “La sospensione temporanea di diritti e libertà democratiche in nome del bene supremo della salute non può giustificare in alcun modo la cancellazione del diritto di cronaca e della libertà di espressione”, scrivevano preoccupati Raffaele Lorusso e Giuseppe Giulietti, segretario generale e presidente della Fnsi. Dopo il primo Dpcm, Draghi non si è nemmeno presentato in conferenza stampa. Ancora non ha risposto a domande sulla pandemia. Questo furono le reazioni un anno fa:

“Riteniamo inaccettabile che il Presidente del Consiglio dei Ministri Giuseppe Conte affidi le sua comunicazioni a piattaforme private, e senza possibilità di porre domande da parte dei giornalisti”. Usigrai

“La fase eccezionale che vive il Paese non può diventare il pretesto per impedire ai giornalisti di fare il loro lavoro e di rivolgere domande”. Fnsi

“Forte disappunto per l’ennesima diretta sulla pagina personale Facebook del Presidente del Consiglio, che ha tagliato del tutto fuori i giornalisti, com’è accaduto negli ultimi dieci giorni, in cui non c’e’ stata occasione per sottoporre domande al premier”. Asp

“La formula della diretta Facebook non ha funzionato pienamente. L’Ordine dei Giornalisti rilancia la richiesta dell’Associazione Stampa Parlamentare di tenere conferenze stampa da remoto per consentire le domande mentre si garantisce la sicurezza sanitaria”. Ordine dei Giornalisti

“Il governo rispetti le regole della democrazia. Si riunisca il Parlamento. E si facciano conferenze stampa, non show su Facebook: questa è una pandemia, non il Grande Fratello”. Matteo Renzi

“Intollerabili i metodi di comunicazione da regime totalitario utilizzati dal Governo per l’emergenza coronavirus”. Giorgia Meloni

“Avrebbe dovuto fare la conferenza stampa a un orario umano, su un decreto noto, in televisione, rispondendo alle domande”. Carlo Calenda

“Spiega perché si assumono decisioni così gravi, cosa c’entrano con la lotta contro il contagio, e tutte le belle frasi che abbiamo ascoltato, per poi essere bersagliati (noi, perché il premier non ha voluto domande) dai quesiti di chi chiedeva se la sua attività sia essenziale o no…”. Enrico Mentana

“Senza parole: alle 23.30 di sabato annuncia su Facebook senza alcuna domanda la chiusura generale attività di produttive tranne sanitarie farmaci e alimentari”. Oscar Giannino

“Il premier invece di spiegare agli italiani cosa, perché e perché solo ora ha chiuso, magari accettando qualche domanda, ha solo dato sfoggio al suo ego”. Augusto Minzolini

“Non è così che si governa un Paese, non è così che si parla al proprio Paese. Che Dio c’è la mandi buona”. Sofia Ventura

“Leadership in tempi di emergenza nazionale. Domande dei giornalisti a Trump. Streaming in solitaria di Conte”. Giulio Meotti

Il giorno dopo le polemiche, con una nota ufficiale, Conte comunicò le modalità delle successive conferenze stampa: “Per consentire le domande ai giornalisti interessati sarà predisposto un collegamento audio video da remoto per un ristretto numero di accessi suddivisi per agenzie, televisioni, carta stampata, radio e web. Saranno privilegiate le prime prenotazioni in ordine temporale di arrivo per categoria, fermo restando un criterio di rotazione con le successive conferenze”. Da quel momento le domande ci sono state, ma in autunno arrivarono comunque polemiche sui criteri con cui venivano selezionate e accuse di “finte” conferenza stampa. “Quella che Palazzo Chigi chiama ‘conferenza stampa’ è in realtà uno show televisivo orchestrato per impedire vere domande, per impedire una vera interazione con i giornalisti”, scriveva a inizio dicembre il deputato di Italia Viva, Michele Anzaldi, in un intervento sull’Huffington Post. Oggi, per il momento, tutto tace.

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