Lombardia, Piemonte e Marche da lunedì primo marzo passano in zona arancione, la Basilicata invece diventa zona rossa. Stessa fascia del Molise, vista la situazione complicata degli ospedali: “Ho richiesto di rendere tutta la regione Molise zona rossa da lunedì primo marzo. Il governo ha accolto la mia istanza”, ha spiegato il governatore Donato Toma. La Liguria, invece, passa da arancione a zona gialla: restano escluse Ventimiglia, Sanremo e Comuni limitrofi che sono in arancione rafforzata“. Così cambierà la cartina ‘a colori‘ dell’Italia con le ordinanze che il ministro della Salute, Roberto Speranza, si appresta a firmare: entreranno in vigore da lunedì, non più da domenica. L’ultimo monitoraggio dell’Istituto Superiore di Sanità, che ha certificato la stabilità dell’indice Rt fermo a 0,99, porta a un inasprimento delle restrizioni nel Paese, lasciando solo 9 Regioni del Paese in zona gialla.

L’Iss, nel report riferito alla settimana 15-21 febbraio, evidenzia anche che sono “dieci Regioni e province autonome hanno un Rt puntuale maggiore di 1 di cui una (Basilicata) ha un Rt con il limite inferiore superiore a 1.25, compatibile con uno scenario di tipo 3″. Le altre nove sono Abruzzo, Calabria, Campania, Emilia-Romagna, Molise, Piemonte, Provincia autonoma di Trento, Toscana, Umbria. Delle altre, “cinque hanno un Rt nel limite inferiore compatibile con uno scenario di tipo 2”, mentre le altre Regioni e province autonome “hanno un Rt compatibile con uno scenario di tipo uno”. Si conferma inoltre per la quarta settimana consecutiva un peggioramento nel livello generale del rischio. Aumenta il numero delle Regioni e Province autonome classificate a rischio alto, passate da una cinque. Si tratta di Abruzzo, Lombardia, Marche, Piemonte, Umbria.

“L’epidemia dopo un iniziale lento peggioramento, entra questa settimana nuovamente in una fase in cui si osserva una chiara accelerazione nell’aumento dell’incidenza nazionale”, sottolinea l’Istituto superiore di sanità che definisce quindi “necessarie” e “urgenti” misure di mitigazione “nazionali” anche per l’aumentata circolazione delle varianti e “puntuali interventi di mitigazione e contenimento nelle aree a maggiore diffusione per evitare un rapido sovraccarico dei servizi sanitari”. L’incidenza è infatti passata da 135,46 a 145,16 casi per 100mila abitanti.

E non si tratta dell’unico parametro in netto peggioramento. Continua ad aumentare il numero di nuovi casi non associati a catene di trasmissione (31.378 contro 29.196 la settimana precedente) e scende lievemente la percentuale dei casi rilevati attraverso l’attività di tracciamento dei contatti (29,4% vs 29,8%). Aumenta, anche, la percentuale di casi rilevati attraverso la comparsa dei sintomi (36,1% vs 33,7% la settimana precedente).

L’Istituto segnala inoltre un aumento del numero delle Regioni e delle Province autonome con un tasso di occupazione in terapia intensiva sopra la soglia critica, passate da 5 a 8. In alcune regioni il numero assoluto dei ricoverati in area critica ed il relativo impatto, uniti all’incidenza “impongono comunque misure restrittive”. Il tasso di occupazione in terapia intensiva a livello nazionale continua ad essere alto ma sotto la soglia critica (24%), ma aumentano i ricoveri in terapia da 2.074 a 2.146. Sono inoltre in aumento le Regioni dove sono state riportate allerte di resilienza in relazione a vari parametri (9 contro 7 della settimana precedente). Due Regioni – Lombardia e Piemonte – riportano molteplici allerte di resilienza.

Nel corso della conferenza stampa per la presentazione del monitoraggio, il direttore della Prevenzione dell’Iss, Gianni Rezza, ha sottolineato la decrescita dell’età mediana, ora pari a 44 anni, e ha sottolineato come sia l’effetto combinato della vaccinazione degli anziani, ma soprattutto, di una circolazione delle varianti che colpiscono i giovani. “I focolai scolastici sono in aumento”, ha sottolineato. E per quanto riguarda la richiesta delle Regioni di avere un parere tecnico del Comitato tecnico scientifico sulla didattica in presenza, ha detto: “Quando si parla di chiusure scolastiche è sempre doloroso”. Ma “laddove ci sono dei focolai, o c’è presenza di varianti ad alta trasmissibilità soprattutto nella popolazione scolastica, è chiaro che tale decisione dolorosa è assolutamente da considerare. Dobbiamo essere pragmatici”. “Ci siamo dati come priorità quella di aprire e tenere aperte le scuola – ha precisato – Finché è possibile farlo, è chiaro che la didattica in presenza rappresenta una priorità”, però solo “se la situazione epidemiologica lo permette”.

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