Serve una cabina di regia tutta italiana per elaborare un piano di spesa dei fondi in arrivo dall’Europa per il contrasto alla pandemia di coronavirus. Ne è convinto il presidente del Parlamento europeo, David Sassoli: “Ce l’avranno tutti. L’Italia ha 209 miliardi e vanno amministrati, come fai a farlo se non hai una regia? Serve un coordinamento che aiuti la macchina pubblica”.

Il presidente dell’Eurocamera precisa comunque che il punto di riferimento nel dialogo con l’Ue resterà il governo: “Per le istituzioni europee – ha spiegato – nel rapporto tra Italia e commissione il riferimento sarà ovviamente il governo, ma per la gestione di tutti i progetti, per far funzionare insieme tutte le amministrazioni servirà un coordinamento”. Ha poi fatto l’esempio della digitalizzazione: “Significa sanità, scuola, mondo produttivo, far lavorare insieme tante amministrazioni e ministeri, ma come fai a farlo se non hai una regia?”.

Dello stesso avviso il ministro dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli, che ha definito “il percorso” indicato dal premier “l’unico possibile, più partecipato di così è difficile. Alternative non ce ne sono”. Nessuna offesa quindi, sottolinea il ministro, per la scelta di Conte, “le progettualità del Recovery sono orizzontali”, coinvolgono molti dicasteri quindi “deve esserci una cabina di regia che monitori il lavoro”.

Contrari a una task force per il Recovery Plan sono invece gli esponenti di Italia Viva. Lo ha ripetuto la capogruppo Maria Elena Boschi a Mezz’ora in più, su Rai3: “Per noi prima viene il decidere cosa fare di quei soldi e poi chi li spende. La task force ha lasciato molti dubbi a noi, sostituire il governo con dei consulenti ci è sembrato un modo per aggirare le istituzioni. Noi stiamo leggendo il piano con molta serietà per fare modifiche e correzioni puntuali. Possiamo dire che 9 miliardi per la sanità sono pochi?”. Ma assicura che da parte dei renziani la volontà non è quella di innescare una crisi nell’esecutivo: “Non vogliamo alcuna crisi. Conte ha detto che ha i ministri migliori del mondo e quindi per noi anche l’argomento rimpasto è chiuso. Non è quello l’obiettivo. Però possiamo dire che pur sostenendo il governo che abbiamo fatto nascere non siamo yes man? La priorità è usare bene quei fondi e, allo stesso tempo, coinvolgerci”.

Con queste parole sembra rientrare in parte lo scontro all’interno della maggioranza esploso nei giorni scorsi con Italia Viva che aveva minacciato di non votare la manovra elaborata dal governo. Il 9 dicembre il senatore di Rignano sull’Arno aveva fatto capire di voler ridiscutere tutto da capo il Recovery plan (e la task force), altrimenti Italia viva avrebbe votato contro la legge di Bilancio. Dopo le minacce e gli avvertimenti, l’ex premier è intervenuto davanti al Senato e rivelato apertamente il suo ricatto al governo; “È il momento di dirci le cose in faccia“, aveva esordito rivolgendosi proprio a Giuseppe Conte. “Per giocare pulito e trasparente, noi diciamo che se c’è un provvedimento che tiene dentro la governance del Next Generation Eu, noi votiamo contro. Siamo pronti a discutere, ma non a usare la manovra come veicolo di quello che abbiamo letto sui giornali, compresi i servizi segreti. Se c’è una norma che mette la governance con i servizi votiamo no”. Parole che avevano portato il premier a dichiarare che “Italia viva fa opposizione maleducata. Non accettiamo ricatti” e a consultarsi con il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.

Il ministro per gli Affari europei, Vincenzo Amendola, nei giorni scorsi aveva specificato, in un’intervista al Sole 24 ore, che il testo è stato scritto “sulla base degli atti votati dal Parlamento e delle linee guida Ue che hanno indicazioni chiare sulla distribuzione del budget e le riforme da realizzare”. E assicura che su piano e task force per il Recovery il governo è aperto al confronto, ma gli spazi di manovra rispetto alla bozza non sono ampi. Perché l’ossatura del Recovery plan è stabilita dalle linee guida europee in base alle quali almeno il 37% dei fondi devono andare alla transizione ecologica e almeno il 20% al digitale.

Dai Cinquestelle, il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, ha risposto indirettamente a Boschi spiegando che il Recovery Fund è “al centro delle tensioni di governo” e “ci sono alcune cose che non ci vanno bene, che non mi vanno bene, solo che noi a differenza di altri non minacciamo le crisi di governo ma agiamo nell’interlocuzione con Conte e Gualtieri, lo facciamo nell’ottica di fare risultato, non di sfasciare tutto”.

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