Per quanto ci si sforzi a fare previsioni, non sappiamo quando questa pandemia finirà. A dirla tutta, però, non abbiamo neanche la benché minima idea di quando il virus Sars Cov 2 abbia iniziato a circolare negli esseri umani. Ogni tentativo di datare l’origine di tutto è stato subito dopo confutato da studi successivi. L’ultima ricerca sull’argomento è stata condotta da un gruppo di ricercatori italiani e ci dice, inconfutabilmente, che già nell’estate del 2019 moltissimi connazionali erano positivi, asintomatici o paucisintomatici. Si tratta di risultati inattesi, pubblicati sulla rivista Tumori Journal e nati da una ricerca che inizialmente aveva tutto un altro scopo.

“Ci stavamo occupando del progetto ‘Smile’, uno studio sostenuto dalla Fondazione Airc (Associazione italiana ricerca sil cancro), al centro del quale c’è lo screening per il tumore al polmone su persone sane con l’obiettivo di verificare se con la Tac spirale toracica e l’analisi di alcuni marcatori nel sangue è possibile anticipare la diagnosi di un carcinoma polmonare”, racconta al fattoquotidiano.it Ugo Pastorino, direttore della Struttura Complessa di Chirurgia Toracica dell’Istituto Nazionale Tumori di Milano (Int). Il progetto ha portato all’arruolamento, da settembre 2019 a marzo 2020, di 959 volontari sani sottoposti a Tac spirale ai polmoni e analisi del sangue. “Poi c’è stato il lockdown e il nostro progetto è stato messo momentaneamente in stand-by”, riferisce Pastorino. “In attesa di riprendere il nostro lavoro, abbiamo deciso di usare quello che avevamo per capire qualcosa di più su questo nuovo coronavirus. Così – continua – abbiamo riguardato le immagini della Tac che avevamo, notando su alcuni soggetti segnali deboli di lesioni subsolide, compatibili con Covid-19”. Un indizio importante, quest’ultimo, che ha spinto gli studiosi ad andare più a fondo.

“Grazie al laboratorio dei colleghi di Siena, è stato effettuato l’analisi sierologica su tutti i campioni di sangue conservati”, dice Pastorino. Ebbene, dai risultati è emerso che su 959 campioni, 111 sono risultati positivi all’immunoglobulina G (16 casi) o all’immunoglobulina M (97 casi). Di questi 111 positivi, 23 risalgono a settembre, 27 a ottobre, 26 a novembre, 11 a dicembre, 3 a gennaio e 21 a febbraio. I positivi provengono da 13 regioni, la metà dalla Lombardia seguita da Piemonte, Lazio, Emilia-Romagna, Toscana, Veneto. “Dei 111 casi, 6 sono risultati positivi anche agli anticorpi neutralizzanti il virus, 4 dei quali già a inizio ottobre”, riferisce Pastorino. Questo significa che molto probabilmente queste 6 persone presentavano segni dell’infezione, magari confusa con una banale influenza o un raffreddore. Altro dato significativo è la prevalenza dei positivi. Stando ai risultati di questo studio si ha una prevalenza maggiore del 10%, dato che contrasta con i successivi studi sierologici, come quello nazionale condotto da Istat-Iss, che stima una prevalenza pari al 2,5% della popolazione. La prevalenza risultata dal nuovo studio, invece, si riduce quando si guardano solo i casi validati dal test sugli anticorpi neutralizzanti, positivi in 6 casi. “È evidente, considerate anche le regioni coinvolte nel nostro studio e nella pandemia, che c’è stata una significativa diffusione sottotraccia del virus per diverso tempo”, suggerisce Pastorino.

In particolare, secondo i dati pubblicati nello studio, i primi campioni positivi registrati a settembre appartengono a persone che vivevano in Veneto (3), Emilia Romagna (1), Liguria (1), Lombardia (2) e Lazio (1). Dalla fine di settembre il 56,5% dei campioni di sangue risultati positivi sono di Lombardia (13), seguita da Veneto (3), Piemonte (2), e 1 ciascuno in Emilia Romagna, Liguria, Lazio, Campania e Friuli Venezia Giulia. Le altre regioni da cui sono emersi gli anticorpi al virus appartengono a persone di Sardegna, Sicilia, Toscana, Val d’Aosta e Puglia. Due i picchi di positività emersi per gli anticorpi, sottolinea lo studio: il primo tra la fine di settembre e la seconda-terza settimana di ottobre, il secondo nella seconda settimana di febbraio.

Questi risultati confermano quanto già si sospettava da tempo e cioè che il virus circolava nel nostro paese ben prima del 20 febbraio. “Già da novembre 2019, molti medici di medicina generale hanno iniziato a segnalare la comparsa di gravi sintomi respiratori in persone anziane e fragili con bronchite bilaterale atipica, che è stata attribuita, in assenza di notizie sul nuovo virus, a forme aggressive di influenza stagionale”, si legge nello studio. “Ora abbiamo la certezza che il virus circolava effettivamente da molto più tempo del previsto”, sottolinea Pastorino. Era quindi diffuso prima dello scorso dicembre, la data indicata da uno studio dell’Istituto Superiore di Sanità, realizzato con l’analisi delle acque di scarico raccolte prima che il virus si manifestasse in Italia. Addirittura prima dell’ottobre 2019, in occasione dei Giochi Mondiali militari che si sono tenuti in Cina, come ci hanno fatto sospettare le testimonianze di alcuni atleti. “I nostri studi andranno avanti, sia quello sullo screening del tumore al polmone che quello sul virus Sar Cov 2”, dice Pastorino. “E su entrambi i fronti prevediamo grandi novità per marzo dell’anno prossimo”, conclude. Una cosa è già certa: l’allarme lanciato dalla Cina a fine dicembre è stato davvero tardivo e molti casi di Covid-19 sono erroneamente stati classificati come semplice influenza.

L’abstract dello studio

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