A nove messi dalla chiusura indagini e a sei dalla richiesta di rinvio a giudizio il giudice per l’udienza preliminari di Bologna, Alberto Gamberini, ha fissato le udienze in cui si deciderà se processare quel gruppo di uomini accusati dagli inquirenti di Bologna, l’avvocato generale Alberto Candi e dai sostituti pg Umberto Palma e Nicola Proto, di aver depistato le indagini sulla strage di Bologna del 2 agosto 1980. Davanti al giudice, il 27 novembre, compariranno quindi gli imputati Paolo Bellini, ex Avanguardia nazionale, per concorso in strage, l’ex generale del Sisde Quintino Spella e l’ex carabiniere Piergiorgio Segatel, per depistaggio, e Domenico Catracchia, amministratore di condominio di immobili in via Gradoli a Roma, per false informazioni al pm, al fine di sviare le indagini. Un’inchiesta chiusa nel 40° anno dalla mattanza della stazione in cui morirono 85 persone e ne furono ferite almeno 200. Oltre ai quattro imputati, l’indagine della Procura generale si è concentrata su persone che in un’aula di tribunale non potranno più comparire, perché decedute. Cioè il capo della P2 Licio Gelli, il suo braccio destro Umberto Ortolani, Federico Umberto D’Amato, ex direttore dell’Ufficio Affari riservati del Viminale e il giornalista Mario Tedeschi, accusati, da morti, di essere ‘le mentì, cioè mandanti, finanziatori o organizzatori dell’attentato. Oltre al 27 novembre, se l’udienza non dovesse concludersi, sono già in calendario altre due date: il 4 e l’11 dicembre.

I magistrati bolognesi, che hanno coordinato le indagini di Guardia di Finanza, Digos e Ros, hanno individuato un filo nero che dal Maestro Venerabile della P2 passa dal cuore dello Stato e finisce agli estremisti di destra, passando da agenti dell’intelligence e faccendieri, assoldati per depistare le indagini. Per chi sostiene l’accusa fu la loggia massonica Propaganda 2 a organizzare e finanziare la strage. E dietro alla bomba alla stazione c’erano quattro menti nere. Gelli, Ortolani, D’Amato e Tedeschi sono considerati rispettivamente mandanti- finanziatori e mandanti – organizzatori della strage, ma sono morti da tempo. Sul banco degli imputati arriva Paolo Bellini, la “primula nera”, l’ex terrorista di Avanguardia Nazionale, ritenuto esecutore in concorso con i quattro estremisti neri già condannati: Giusva Fioravanti, Francesca Mambro, Luigi Ciavardini e Gilberto Cavallini. I primi tre sono stati riconosciuti colpevoli in via definitiva, il quarto solo in primo grado il 9 gennaio scorso. Le motivazioni dei giudici dovevano essere depositate il 7 settembre, ma è stata chiesta una proroga di due mesi. E sapremo perché i giudici, presieduti da Michele Leoni, per Cavallini hanno riqualificato il reato escludendo che avesse come finalità di attentare alla sicurezza dello Stato. E se è definitivamente chiusa l’era dei depistatori di professione e non.

La Procura generale, che nel 2017 ha avocato a sé l’indagine innescata dalla meticolosa analisi dei documenti da parte dell’Associazione 2 agosto, si prepara quindi a portare avanti un altro procedimento e forse un nuovo processo se il gup dovesse accogliere la richiesta di rinvio a giudizio. Gelli era stato già condannato come depistatore dell’attentato, mentre il suo braccio destro Ortolani era stato prosciolto. Accusato di essere stato al centro degli intrighi finanziari della loggia, Ortolani era sparito per sottrarsi a due mandati di cattura internazionali. Rifugiatosi a San Paolo, il Brasile si era sempre rifiutato di arrestarlo perché cittadino brasiliano. Nel 1996, nel processo sulla loggia P2, venne assolto dall’accusa di cospirazione politica contro i poteri dello Stato. Nel 1998 la Cassazione lo ha condannato in via definitiva a 12 anni per il crac del Banco Ambrosiano. Gelli e Ortolani vengono considerati mandanti-finanziatori della strage. Il potentissimo D’Amato, ex agente anglo americano, regista delle principali trame occulte italiane, è invece accusato di essere mandante-organizzatore della bomba: uomo dei mille misteri, anche D’Amato era iscritto alla P2. Faceva parte della loggia di Gelli – tessera numero 1.643 – anche Tedeschi, storico direttore de Il Borghese e senatore del Movimento sociale: per gli inquirenti ha aiutato D’Amato nella gestione mediatica degli eventi preparatori e successivi alla strage, ma anche delle attività di depistaggio. Sono tutti morti e non processabili.

È Paolo Bellini l’uomo con i baffi e capelli ricci, che si aggirava alla stazione di Bologna poco prima della disintegrazione della sala d’aspetto. Ex estremista nero protagonista di una vita spericolata, per la strage di Bologna era già stato indagato e prosciolto il 28 aprile del 1992: negò la sua presenza, indicata da due testimoni, in città la mattina del 2 agosto e fornì un alibi ottenendo il proscioglimento, annullato solo qualche mese fa dalla giudice Francesca Zavaglia. Una revoca che era stata richiesta dalla Procura generale e legata a tre nuovi elementi raccolti. Tra questi c’è il fotogramma che compare in un filmato amatoriale Super 8 girato da un turista tedesco negli attimi immediatamente precedenti alla strage. A recuperarlo nell’archivio di Stato i difensori dei familiari delle vittime, gli avvocati Andrea Speranzoni, Giuseppe Giampaolo, Nicola Brigida e Roberto Nasci, che lo avevano poi depositato alla procura generale.

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