Non era la discarica Vergine la responsabile delle nubi di gas che fino a gennaio 2014 hanno costretto migliaia di abitanti della provincia di Taranto e restare chiusi in casa. Nessuno pagherà per i bruciori agli occhi e i disturbi alle vie respiratorie che per anni hanno afflitto i piccoli comuni di Lizzano, San Marzano, Faggiano e Fragagnano. La corte d’appello di Taranto ha infatti assolto da tutte le accuse i vertici della società che ha gestito la discarica Vergine di Lizzano, sequestrata dai carabinieri del Noe di Lecce sei anni fa. Una sentenza che ha completamente cancellato le pene emesse nel processo di primo grado nei confronti di tre imputati: il 21 dicembre 2018, il tribunale di Taranto aveva condannato a 2 anni e 2 mesi Pasquale Moretti e Paolo Ciervo e a 8 mesi Mario Petrelli.

I giudici di primo grado avevano inoltre condannato anche le due società Vergine spa e della Vergine srl che avevano gestito la discarica: la prima fino a gennaio 2014 e la seconda per pochi giorni fino al sequestro dell’impianto. Il 15 gennaio scorso il procuratore generale Mario Barruffa aveva chiesto la conferma della sentenza emessa dal tribunale di Taranto, ma i magistrati d’appello hanno dato ragione al collegio difensivo composto dagli avvocati Gianluca Mongelli, Giuseppe Passarelli, Raffaele Errico e Michele Laforgia. Le accuse formulate all’inizio dell’inchiesta dal pubblico ministero Lanfranco Marazia erano, tra le altre, di gestione illecita di rifiuti e getto pericoloso di cose: gli avvocati difensori sono riusciti a dimostrare però che le cose non stavano così. Bisognerà chiaramente attendere il deposito delle motivazioni per comprendere fino in fondo il ragionamento della Corte, ma appare altamente probabile che i giudici abbiano ritenuto che i difensori avessero pienamente ragione quando sostenevano che non vi era la certezza che quegli odori cattivi provenissero proprio dalla discarica.

Per l’accusa in determinanti momenti della giornata le concentrazioni di idrogeno solforato erano nettamente superiori alla soglia prevista: un punto che aveva permesso agli investigatori di sostenere che il cattivo odore che appestava il territorio era una conseguenza della dispersione di sostanze che si sprigionavano durante le operazioni di “abbancamento dei rifiuti ed anche allo spegnimento di alcune torce presenti nell’impianto per la combustione di biogas”. Il collegio difensivo, però, ha spiegato che in occasione di alcuni picchi di sostanze nocive che generavano quei fastidi nella popolazione, le centraline interne all’impianto riportassero valori ben più bassi rispetto a quelli accertati dalle centraline esterne: in sostanza quelle nubi terribili potevano provenire da altri impianti o da altri luoghi come il depuratore o lo sversamento dei liquami effettuato dagli agricoltori. Quanto all’ipotesi gestione illecita dei rifiuti la difesa ha chiarito che a differenza di quanto sostenuto dall’accusa, la discarica Vergine aveva le autorizzazioni a ricevere rifiuti che non necessitavano di trattamenti preliminari e quindi la gestione non aveva nulla di irregolare.

In merito alla posizione di Mario Petrelli, che era stato gestore dell’impianto solo per pochi mesi, l’avvocato Mongelli ha chiarito che Petrelli dopo il sequestro ha provato a mandare avanti l’impianto rispettando il blocco imposto dal sequestro, ma il mancato arrivo di altri rifiuti ha generato un danno economico che non ha permesso di proseguire con le attività di raccolta del percolato. L’assoluzione ha quindi eliminato anche i risarcimenti nei confronti delle diverse parti civili costituite in giudizio tra le quali i Comuni di Taranto, Fragagnano, Lizzano e Faggiano, i circoli di Legambiente di Puglia, Fragagnano e Taranto, assistiti avvocati Eligio Curci e Ludovica Coda, e l’associazione Attiva Lizzano rappresentata dall’avvocato Francesco Nevoli, che è stata protagonista della grande protesta contro le nubi puzzolenti che costringevano gli abitanti dei comuni vicini a barricarsi in casa per intere giornate. A distanza di sei anni dal sequestro, quindi, i cittadini della provincia di Taranto si ritrovano con una discarica sequestrata e abbandonata e disturbi alla salute per cui nessuno pagherà.

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