Gioele morto nell’incidente dopo avere battuto la testa? Per la procura di Messina resta una pista ancora tutta da verificare. Sul parabrezza della Opel corsa di Viviana c’è un’ammaccatura, come ha rilevato la Scientifica di Palermo, ma secondo il marito della dj, Daniele Mondello, è precedente al 3 agosto. Smentita anche la presenza di tracce di sangue nella vettura. “Gli accertamenti genetici effettuati sui tamponi prelevati all’interno del mezzo e sul parabrezza hanno finora fornito esito negativo, anche per quanto riguarda la presenza di eventuali tracce di sangue”, ha dichiarato in una nota il procuratore di Patti Angelo Cavallo, aggiungendo che il lavoro dei consulenti sarà “lungo e complesso”. Per questo, “non è ancora possibile formulare, allo stato, alcuna seria ipotesi sulle cause di morte del piccolo Gioele”.

Nella ricostruzione degli ultimi istanti della vita di Viviana e del bambino ci sono, però, alcuni aspetti che devono essere approfonditi. Intanto i segni interni all’auto, al vaglio della Scientifica di Palermo, indicano che il bambino è stato sballottato. Il cranio del piccolo non ha, però, ancora passato il vaglio dei medici legali, che hanno iniziato l’autopsia lo scorso mercoledì 26 agosto, esaminando il torace e continueranno la prossima settimana. Prima di allora non si potrà sapere se il resto della testa, aggredita da animali selvatici e quindi con lacerazioni evidenti, tra cui, probabilmente anche sangue, potrà davvero rivelare se la causa della morte del piccolo è stata quella.

Prima che la scienza avanzi dando indicazioni sono però al vaglio della procura le testimonianze dopo l’incidente. La ricostruzione avuta fin qui potrebbe, infatti, non essere ancora solida. Quel che si sa è che nella galleria Pizzo Turda, all’altezza di Caronia, sulla Messina-Palermo, la donna tenta il sorpasso del furgone, poi urta su un fianco l’altro mezzo e la sua macchina inizia a sbattere, poi si ferma, sempre all’interno della galleria (non fuori com’è stato scritto, le tracce sull’asfalto sono, infatti, di un tir), con una ruota scoppia. Sul furgone che ha investito ci sono due operai di una ditta che ha in appalto dal Consorzio autostrade siciliane – che ha in concessione l’A20, cioè quella tratta completamente sprovvista di telecamere per più di 100 km – per lavori di manutenzione. Secondo quanto riferito dagli investigatori finora, i due operai scendono dubito dal furgone, tutti e due da un lato, perché l’altro è bloccato, e corrono a piazzare i segnalatori per avvertire chi è in arrivo che c’è stato un incidente. Entrambi: nessuno dei due verifica, invece, le condizioni della donna e del piccolo, la vedono in controluce uscire dall’autostrada ma non vedono il bambino. Per gli investigatori, nei primi giorni, i due operai non sembrano sospetti, non hanno aggredito la donna. Ma hanno omesso una parte del racconto?

A vedere Gioele e Viviana per bene è invece un imprenditore della Brianza, in vacanza con la famiglia in Sicilia. Viaggia in quel momento in quel tratto di autostrada, è con la moglie, la figlia e il figlio, si fermano tutti e chiedono alla donna se ha bisogno di aiuto. Viviana sfugge alla domanda e va via con il bambino in braccio: Gioele ha la testa poggiata sulla spalla della madre ma ha gli occhi aperti. Questo perlomeno riferisce il testimone che però si presenta solo dopo 13 giorni in un posto di polizia nella città in cui è tornato dopo la vacanza. I ripetuti appelli della procura non lo avevano convinto che si trattasse di lui: le cronache di tutta Italia in quei giorni parlano continuamente della donna, del bambino, dell’incidente all’altezza di dove si sono fermati, ma sarà solo la descrizione poi resa alla stampa dalla procura a convincerlo che si tratti di loro. “Questo confermerebbe quanto sempre sostenuto dal mio assistito e cioè che Viviana non avrebbe mai fatto male a Gioele e che il suo comportamento potesse essere frutto di un momento di profondo e improvviso sconforto”, commenta il legale di Daniele Mondello, papà del piccolo e marito di Viviana.

Se l’ipotesi della morte a causa dell’incidente venisse confermata, pochi dubbi resterebbero anche sulla fine di Viviana. Gli esami sul corpo hanno rintracciato due lesione nette alla colonna vertebrale e due fratture sul costato, una anteriore e una posteriore. Le ferite sul corpo ma anche posizione e distanza dal traliccio indicano una morte per caduta, probabilmente volontaria. Purtroppo il corpicino del piccolo è stato ritrovato con estremo ritardo e solo grazie all’iniziativa di un brigadiere in pensione. Giuseppe Di Bello è andato nella zona che ha creduto più ovvia rispetto al punto dell’autostrada dal quale la donna era scesa dall’autostrada, ha risalito la vallata sotto i rovi, fino a quando, tagliando cespugli, ha sentito l’odore dei resti di Gioele: 16 giorni dopo. Sono ancora al lavoro gli investigatori nella campagna di Caronia: si cercano altri resti del corpicino di Gioele, e si cercano tracce di sangue nei casolari della zona, uno in particolare, un rudere subito sotto l’autostrada. Forse Gioele era ancora solo ferito e Viviana ha cercato di soccorrerlo fino ad abbandonarsi all’evidenza? Sono ancora tante le variabili 25 giorni dopo la scomparsa, il 3 agosto. Restano dubbi che potrebbero non essere mai risolti. Al lavoro una nutrita équipe di esperti: “Come ogni corpo anche quello di Gioele ci dirà qualcosa”, rassicura Elvira Ventura Spagnolo, il medico legale, fulcro del gruppo di lavoro. Nelle loro mani gli ultimi istanti di vita di mamma Viviana e del suo piccolo.

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