In marzo, allarmate dalla crescita esponenziale dei contagi in Italia, migliaia di badanti e colf straniere erano rientrate nei paesi d’origine. Su tutti quelli dell’est Europa, da cui proviene il 40% di chi è impiegato in questo settore in Italia. Ma ora che il virus colpisce duro nei Balcani è iniziato il percorso inverso. Con un problema da risolvere: dove può trascorrere la quarantena obbligatoria, imposta la settimana scorsa anche a chi arriva da Romania e Bulgaria, chi di solito convive con la persona che assiste?

“Per ora si è mosso circa il 20% di chi era tornato in patria a causa della pandemia, ma da qui a fine agosto, al termine delle ferie, saranno migliaia a rientrare in Italia”, racconta Lorenzo Gasparrini, segretario generale di Domina, l’Associazione nazionale dei datori di lavoro domestico. Un contro esodo che viaggia in gran parte su autobus e minivan, dove i controlli sono più complicati, e che ha portato il ministro della Salute Roberto Speranza a disporre appunto la quarantena di 15 giorni per chi abbia soggiornato, nelle ultime due settimane, nei due Paesi balcanici. Il problema però ora è rendere efficace questa misura: “Bisogna informare le persone che tornano e trovare strutture in grado di accoglierle – continua Gasparrini -. Tante badanti, penso a quelle conviventi e che sono in Italia senza famiglia, non hanno un posto alternativo in cui stare in isolamento”.

La proposta dell’associazione è quella di utilizzare gli alberghi, come già successo durante i mesi dell’emergenza sanitaria: “A Roma ci sono tanti hotel che in questo periodo sono vuoti o addirittura chiusi per mancanza di turisti, se ne potrebbero individuare alcuni per ospitare chi torna dai paesi a rischio, dando un certificato al termine della quarantena. Solo così le famiglie potranno stare tranquille”. Anche per Assindatcolf l’ordinanza è solo un primo passo: “La quarantena non basta – dice la segreteria nazionale, Teresa Benvenuto – sappiamo che ci sono tante persone asintomatiche, ci vogliono tamponi per chi torna e un monitoraggio costante. Per evitare nuovi focolai è necessario un controllo sistematico”.

Ogni anno in agosto, secondo stime Domina, 250mila tra badanti e colf dell’est Europa tornano nei loro paesi d’origine, un dato al ribasso dato che non tiene conto degli irregolari. “Circa la metà di queste persone è rientrata a causa della pandemia e si muoverà dopo l’estate”, è la previsione di Gasparrini. Nel prossimo mese dunque l’Italia dovrà gestire numeri ben superiori rispetto a quelli attuali. “Le famiglie hanno paura perché queste lavoratrici sono a contatto ogni giorno con anziani e persone immunodepresse”.

La preoccupazione è aumentata dopo i casi di contagio emersi negli ultimi giorni in Lazio e Campania tra alcune badanti di ritorno da Romania e Bulgaria, ma il primo allarme era scattato in giugno, quando nel padovano si era sviluppato un focolaio a partire da una badante rientrata dalla Moldavia e risultata positiva al test. Il presidente del Veneto Luca Zaia aveva reagito emanando un’ordinanza che rendeva obbligatori e gratuiti i test per le badanti di rientro dai paesi extra Ue, e che dunque non riguardava la Romania. Da lì arrivano oltre 300mila badanti che prestano servizio in Italia: “Le famiglie hanno bisogno di loro, ma anche di sapere che non metteranno a rischio la salute delle persone che assistono”, dice Benvenuto. “Ad oggi molti datori di lavoro non sanno come muoversi e ci sono troppe differenze tra le Regioni: per rendere effettiva l’ordinanza bisogna affrontare la questione in modo organico”.

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