Celebrare la messa dopo il 3 maggio con volontari che garantiscono le distanze. Funerali, battesimi e matrimoni con la presenza dei familiari stretti e permettere qualche incontro di comunità facendo uso dei dispositivi di protezione. Queste sono alcune delle proposte che la Conferenza Episcopale Italiana illustrerà questa settimana al governo: l’intenzione è quella di poter riprendere la vita ecclesiastica “messa in pausa” dal coronavirus. “Con tutta l’attenzione richiesta dall’emergenza dobbiamo tornare ad abitare la Chiesa, il Paese ne ha un profondo bisogno, c’è una domanda enorme e rispondere significa dare un contributo alla coesione sociale”, ha detto il sottosegretario Cei don Ivan Maffeis.

Possibile e necessario, per la Cei, riprendere la vita ecclesiastica, rispettando tutte le misure di protezione necessarie: rispetto delle distanze garantito da volontari, della igienizzazione dei locali e dell’uso dei dispositivi di sicurezza (mascherine e guanti).

“Sappiamo tutti che il 4 maggio – ha aggiunto don Maffeis – l’emergenza non sarà finita ma se aspettiamo che finisca l’emergenza possiamo mettere in soffitta per sempre la vita ecclesiale. Per questo chiediamo che ci venga riconosciuta la possibilità di riprendere, certamente senza sconti, sarebbe irresponsabile. Però noi chiediamo che venga data una risposta alle attese di tanta gente“.

Una prima risposta potrebbe già essere la messa di domenica 19 aprile. I vescovi italiani, infatti, hanno richiesto di celebrare la Settimana Santa con un minimo di persone, con accanto al celebrante la partecipazione di un diacono, di chi serve all’altare, oltre che di un lettore, un cantore, un organista ed, eventualmente, due operatori per la trasmissione. “Abbiamo dimostrato che si può celebrare in sicurezza“, ha sottolineato don Maffeis.

Tra tutti sacramenti, quello che la Cei spinge affinché possa essere celebrato nuovamente presto è il funerale. “Non possiamo lasciare che una intera generazione, e i loro familiari, siano privati del conforto sacramentale e degli affetti, scomparendo dalla vita, e improvvisamente diventando invisibili – ha concluso don Maffeis – Ci deve essere la possibilità di celebrare i funerali, magari solo con i familiari stretti, non possiamo non essere vicino a chi soffre. Troppe persone stanno soffrendo perché la morte di un caro oggi è come un sequestro di persona, certo motivato, ma dobbiamo farci carico di questo dolore dal punto di vista umano oltre che cristiano”.

I Comuni stanno già cercando una soluzione da alcuni giorni. A Piacenza, una delle città più colpite dal contagio, la sindaca Patrizia Barbieri sta lavorando all’ipotesi di aprire il cimitero su appuntamento. La struttura non sarà accessibile a tutti, ma soltanto a quei piacentini che hanno subito un lutto legato al covid. “Ovviamente tutto questo con le cautele necessarie, non più di due persone per famiglia, rispettando le giuste distanze – ha detto la sindaca – Contiamo che, con la presenza di un custode che apre e chiude il cancello per poche persone, si possa permettere il saluto su appuntamento”.

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