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Coronavirus, oggi Berlino leva gli scudi contro i coronabond ma 60 anni fa l’Europa decurtò il debito della Germania per farla ripartire

Nel 1953 l'Europa fu unita nel condonare metà dei debiti della Repubblica Federale Tedesca, la Germania ovest che si vide alleggerire di circa 15 miliardi di marchi di debito delle due guerre su un totale di circa 30 miliardi e così ci fu il miracolo economico tedesco
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Ci risiamo. L’ipotesi di una condivisione dei debiti all’interno della Comunità europea manda in crisi la Germania che non ne volle sapere ai tempi della crisi del debito sovrano, nei giorni più bui del tracollo greco e neppure oggi che la pandemia del covid-19 scuote il Vecchio Continente e una bella fetta di Paesi membri chiede a gran voce degli eurobond (oggi coronabond) per uscire dalla crisi economica che inevitabilmente verrà. E così, ancora una volta, chi ha la memoria lunga non può non pensare al lontano 1953, anno in cui l’Europa fu unita nel condonare metà dei debiti della Repubblica Federale Tedesca, la Germania ovest che si vide alleggerire di circa 15 miliardi di marchi di debito delle due guerre su un totale di circa 30 miliardi. Il resto venne spalmato su trent’anni.

Tra i creditori c’erano anche Roma e Atene, ma pure Parigi, Madrid, Londra, Washington e Ginevra. Oltre a privati e aziende, banche incluse. Fuori dall’accordo, invece, russi che controllavano Berlino est e pretesero la restituzione integrale del loro credito. È stato così che la Germania ovest si è liberata del debito prebellico che rappresentava un quarto del reddito nazionale e ha potuto avviare la ricostruzione. In pratica il miracolo economico tedesco degli anni cinquanta è basato su un taglio del debito. Non solo. La metà del debito condonata nel 53 avrebbe dovuto essere restituita dopo la riunificazione di Berlino Est e Berlino Ovest, ma all’indomani del crollo del muro Helmut Kohl pretese e ottenne l’oblio anche di quella clausola, con il placet dei creditori, Roma inclusa, che hanno acconsentito in nome dell’Europa Unita.

Tra coloro che hanno cercato di stimolare la memoria di Angela Merkel, c’è Joschka Fischer. L’ex ministro degli esteri tedesco nel 2014 ha pubblicato Se l’Europa fallisce?, uscito in Italia con Ledizioni, che attacca duramente le politiche di “euroegoismo” di Berlino. L’ex leader dei verdi nel volume si dichiara sorpreso di come il suo Paese abbia dimenticato la conferenza di Londra con cui, dopo ben sei mesi di trattativa, per il benessere dell’Europa venne tirata una riga sopra una bella fetta dei debiti tedeschi. “Senza quel regalo non avremmo riconquistato la credibilità e l’accesso ai mercati. La Germania non si sarebbe ripresa e non avremmo avuto il miracolo economico”, sostiene Fischer che spende più di una pagina per tributare onore all’ex presidente della Bce, Mario Draghi, benefattore dell’Ue per il suo essere riuscito a tenere botta a Berlino, perché a suo parere “il più grande pericolo per l’Europa attualmente è la Germania”.

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