Durante l’emergenza sanitaria legata al Coronavirus anche le donne che vivono una situazione di violenza sono in isolamento a casa. I centri antiviolenza Dire sono aperti in tutta Italia e garantiscono assistenza da remoto, a partire telefono antiviolenza gratuito 1522. Negli ultimi quindici giorni, come riferito da Repubblica, le chiamate al numero sono diminuite del 50 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. “Sono in casa con i loro bambini e vivono la tensione del maltrattamento”, racconta Teresa Bruno, presidente del centro antiviolenza Artemisia di Firenze, “immaginiamo un aumento delle richieste d’aiuto a fine dell’emergenza“. Come è successo in Cina, dove la pandemia ha portato un incremento delle denunce per violenza e maltrattamento.
Sono aumentate poi, le domande di aiuto relative agli affidi condivisi, spostamenti previsti dal decreto del Presidente del Consiglio. Minori portati in alcuni casi dai nonni o da altri parenti, in un momento dove l’emergenza sanitaria richiede di rimanere in casa. “La settimana scorsa una bambina si è rifiutata di uscire col padre, per il rischio del contagio e il padre ha chiamato i carabinieri. L’esito è stato la proposta della bambina: videochiamami”, spiega Rosa di Matteo, presidente di Arcidonna Onlus di Napoli, “Stai a casa è diventato un editto ma questo non vale per i bambini e le bambine, soprattutto per i figli delle donne vittime di violenza”.
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