Il gup di Milano Roberto Crepaldi ha ratificato il patteggiamento della filiale italiana di Ing Bank, indagata per la legge sulla responsabilità amministrativa, che ha già versato 30 milioni di euro tra sanzione pecuniaria e presunto profitto del reato. L’inchiesta dei pm Francesco Ciardi e Gaetano Ruta vedeva al centro 355 operazioni di sospetto riciclaggio sui conti dell’istituto, usati dai clienti per depositare soldi frutto di micro-truffe approfittando di falle nei controlli. Già a inizio dicembre scorso si era saputo che la filiale italiana del gruppo bancario olandese, rappresentata dagli avvocati Francesco D’Alessandro e Antonio Golino, socio di Clifford Chance, aveva raggiunto un accordo con la Procura per patteggiare, dopo aver già versato i 30 milioni di euro tra confisca e sanzione pecuniaria.

L’inchiesta del Nucleo speciale di polizia valutaria della Gdf milanese era partita da una serie di rogatorie internazionali, arrivate dall’estero in Procura a Milano per operazioni sospette sui conti della filiale italiana di Ing. Indagine che ha poi accertato, come ricostruito negli atti, che la banca avrebbe dolosamente deciso di non adottare una serie di procedure previste per evitare il rischio che i suoi clienti riciclassero denaro usando i conti dell’istituto. I soldi derivavano da una serie di truffe, anche di piccola entità, come quelle su case fantasma in affitto o più rilevanti frodi carosello sull’Iva. Su un conto, tra l’altro, sarebbero stati versati anche circa 100mila euro da una finta onlus che gestiva l’accoglienza dei migranti.

Ing Bank, secondo i pm, non avrebbe prima di tutto seguito l’obbligo di identificazione della clientela e non avrebbe nemmeno attivato un monitoraggio costante sui depositi. Sono state accertate, infatti, come si legge nell’imputazione, “forti carenze nelle azioni di governo, gestione e controllo del rischio di coinvolgimento in fenomeni di riciclaggio”. L’istituto avrebbe così risparmiato, tra personale e protocolli anti-riciclaggio non rispettati, circa 7,1 milioni di euro (rientranti nei 29 milioni versati come profitto confiscato). Nelle imputazioni per fatti che vanno dal 2014 al 2019, ad esempio, anche oltre 22mila euro depositati su un conto della filiale da un presunto truffatore legato a un clan camorristico. Nel marzo dello scorso anno, tra l’altro, Banca d’Italia (dopo verifiche sulla filiale tra ottobre 2018 e gennaio 2019), i cui ispettori hanno collaborato alle indagini, aveva anche sospeso l’apertura di nuovi conti della succursale italiana del gruppo.

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