Lavoratori da mesi senza stipendio, un’istanza fallimentare depositata in Tribunale per insolvenza nei confronti di dipendenti e fornitori, un’ipotesi di peculato e inadempimento in pubbliche forniture avanzata dalla Procura di Cagliari ed ora anche un’ispezione in arrivo, annunciata dal Ministro della Salute Speranza. C’è tutto questo e molto altro nella storia di Aias Sardegna, branca regionale dell’Associazione nazionale spastici che gestisce nell’isola l’assistenza e la riabilitazione di pazienti non autosufficienti o con gravi handicap in un regime di semimonopolio di fatto.

Ex feudo Dc da sempre in mano alla famiglia Randazzo, Aias rappresenta un bacino di voti e di interessi che per oltre cinquant’anni ha influenzato, fuori e dentro il Consiglio Regionale, le scelte riguardanti interi segmenti della sanità privata nell’isola. Dapprima con il fondatore, Bruno Randazzo, consigliere regionale e deputato democristiano negli anni 80 e 90. Poi coi figli, Vittorio ex consigliere regionale Udc e attuale direttore amministrativo di Aias, ed Alberto eletto per tre legislature con Udc e Forza Italia, che alle ultime elezioni regionali ha portato in dote all’attuale maggioranza di centro-destra un discreto pacchetto di 2700 voti, utili a mantenere buoni rapporti con l’esecutivo anche se non sufficienti per occupare nuovamente una poltrona nel parlamentino isolano. Ci sono poi le sorelle Anna Paola Randazzo, presidente di Aias Sardegna, e Alessandra, a capo della fondazione di famiglia che gestisce un ingente patrimonio immobiliare, con strutture sparse in tutta l’isola.

Aias Sardegna oggi è un pachiderma con le zampe d’argilla, troppo fragili per reggere una situazione debitoria disastrosa e inspiegabile, su cui anche i chiarimenti offerti dal presidente nazionale Salvatore Nicitra non hanno portato luce. Ma è anche l’unico riferimento assistenziale per oltre 3mila pazienti disabili e per le loro famiglie, che si appoggiano alle 43 strutture presenti nel territorio ed ora temono di restare sole e senza garanzie di continuità.

Aias avrebbe dovuto essere liquidata già da un anno, da quando cioè la vecchia giunta Pigliaru aveva pianificato il suo superamento attraverso il passaggio del personale e dei pazienti al nuovo soggetto pubblico “Sas Domos“. Ma il progetto si è arenato con l’arrivo del centro-destra e di Solinas, nonostante in questi mesi anche il fedelissimo assessore alla sanità Nieddu avesse dichiarato di essere a favore di un “superamento” dell’Aias.

Era stata un’apposita commissione regionale d’inchiesta ad accertare, a metà ottobre, la situazione in cui versava la onlus, chiarendo che i crediti residui vantati nei confronti dell’Ats, l’Azienda Unica per la Salute della Sardegna, non giustificavano in alcun modo l’esposizione debitoria dell’Associazione e tanto meno il mancato pagamento di undici mensilità ai dipendenti, che in tutto questo tempo hanno continuato a restare al loro posto. Oltre dieci milioni di “buco” finiti non si sa bene dove mentre l’Aias continuava puntualmente ad incassare i rimborsi delle prestazioni dalla Regione: dopo aver visionato i documenti provenienti dal tavolo del contenzioso Ats-Aias-Anci, la Commissione ha scoperto che negli ultimi 5 anni la onlus aveva già incamerato 107 milioni di euro dalla Regione mentre i crediti residui ammontavano a poco più di un milione e seicentomila euro. Altri cinque milioni, chiesti dall’Aias ai Comuni per prestazioni e servizi risultavano in gran parte contestati.

In queste condizioni, la convenzione con Aias dovrebbe essere considerata carta straccia. A dirlo non è solo la risoluzione finale della Commissione regionale d’inchiesta, votata all’unanimità, ma la stessa legge: nel nuovo contratto che regola i rapporti fra l’Ats e le strutture convenzionate è previsto infatti che la non regolarità dei pagamenti ai dipendenti provochi la rescissione del contratto. Ma il presidente Solinas e l’assessore Nieddu contiuano a prendere tempo e a non considerare il ripescaggio di “Sas Domos” o comunque una transizione di personale e servizi verso un modello pubblico.

Al termine dell’inchiesta commissariale il titolare della sanità regionale aveva detto di essere “a lavoro per una soluzione definitiva” ma si era rifiutato di riferire in Consiglio Regionale sulle ipotesi di superamento del modello Aias: “Non è questa la sede per chiarire il percorso che abbiamo in mente”, aveva detto nello sconcerto delle opposizioni. “Non si tratta di distinguere tra pubblico e privato, ma di garantire la continuità dell’assistenza e i livelli occupazionali. Una cosa non faremo: la revoca della convenzione non ci sarà”.

Uno schiaffo in faccia alla Commissione d’inchiesta, che all’unanimità si era espressa per il superamento di quel modello assistenziale, ma anche ai 1.200 lavoratori scesi nuovamente in piazza pochi giorni fa per chiedere ancora una volta alla politica un’assunzione di responsabilità e l’indicazione di un percorso chiaro per il futuro. Hanno anche scritto una nota, diffusa da alcuni quotidiani locali: “L’Aias continua a non rispettare i propri doveri non retribuendo regolarmente il salario ai propri dipendenti e pretendendo di contro che vengano preservate le convenzioni. Perché gli viene permesso? Da chi gli viene permesso? Chi è l’organo che deve controllare l’operato di questa azienda che per la procura parrebbe avere addirittura fini commerciali?”.

Ad aggravare il paradosso per i sindacati è anche la risposta data dal presidente nazionale di Aias Salvatore Nicitra alla lettera aperta indirizzatagli dal deputato del M5S Alberto Manca, in cui si sollecitava una presa d’atto da parte del Consiglio Nazionale dell’Associazione, unico organo in grado di commissariare l’Aias Sardegna e di provvedere alla rimozione degli attuali vertici nella perdurante inerzia dell’esecutivo regionale. Il governo nazionale infatti non avrebbe poteri normativi in questo senso trattandosi di un ente associativo senza scopo di lucro. Nicitra ha però contestato i risultati della Commissione d’inchiesta, spiegando che si era “limitata ad analizzare gli ultimi cinque anni, quando invece in Sardegna anche i ‘muri’ sanno che i crediti reclamati da Aias Cagliari sono relativi a periodi precedenti“. Secondo il presidente nazionale di Aias dunque esisterebbero crediti non riscossi “azionati a mezzo di decreti ingiuntivi e non ancora liquidati, per oltre 9,4 milioni, oltre agli interessi maturati ad oggi pari ad oltre 11 milioni”.

Ma per il deputato sardo riuscire a dimostrare l’esistenza di questi crediti sarebbe tutt’altro che semplice ed in ogni caso non giustificherebbe il mancato pagamento di un anno di stipendi: “Ho difficoltà a credere nell’esistenza di queste somme, considerato che negli ultimi 30 anni nessuna delle precedenti amministrazioni regionali- centro sinistra e centro destra con il governatore Cappellacci, avevano provveduto ad erogare tali cifre e soprattutto perché ad oggi nessuno ha fornito prova dell’esistenza di suddetti crediti” ha dichiarato Manca pochi giorni fa nell’aula di Montecitorio, poco prima di sollecitare formalmente l’intervento del ministro della Salute, Roberto Speranza.

Lo stesso Manca, insieme al consigliere regionale del M5S Michele Ciusa, già componente della commissione d’inchiesta sull’Aias, erano stati ricevuti nei giorni scorsi a Roma al ministero. Una visita alla quale ora Speranza ha risposto, annunciando l’arrivo degli ispettori nell’isola, per verificare il rispetto delle clausole previste dal contratto in convenzione e i livelli dei servizi erogati. I funzionari del dicastero si troveranno a dover giudicare anche la particolare situazione della sede Aias di Decimomannu, alle porte di Cagliari, in cui il Comune, con ordinanza dell’8 novembre scorso sospende le attività della locale Casa protetta Aias a causa delle “gravi carenze” riscontrate all’interno della struttura ed evidenziate in numerosi sopralluoghi effettuati dal personale comunale nell’ultimo anno, a cui i vertici Aias non hanno mai saputo dare chiara risposta. Uno scambio di missive ricostruito nero su bianco nelle motivazioni dell’ordinanza in cui “ritenuto che le osservazioni e la documentazione addotte non abbiano dimostrato il superamento delle gravi carenze ed irregolarità che possono pregiudicare la sicurezza degli assistiti e degli operatori” si dispone il trasferimento dei pazienti “in altre strutture idonee”.

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