Alberto Scanu, l’amministratore delegato della Sogaer, società di gestione dell’aeroporto di Cagliari, è stato arrestato dalla Guardia di finanza per bancarotta fraudolenta nell’ambito di una inchiesta sulla gestione di alcune società del settore sanitario. A Scanu, ex presidente di Confindustria Sardegna, che gestisce cliniche sanitarie nel capoluogo e in provincia, vengono contestati tra l’altro la distrazione di fondi, l’uso di prestanome e un buco di 60 milioni di euro. Il provvedimento restrittivo è stato richiesto dal pm Giangiacomo Pilia e firmato dal gip Giampaolo Casula. Ai domiciliari sono finite altre tre persone: la sorella di Scanu, Laura, il suo collaboratore, Giovanni Pinna, e Vlademiro Peviani, bloccato a Milano.

L’avvocato di Scanu, Rodolfo Meloni, ha spiegato che il suo assistito si è dimesso dall’incarico di ad di Sogaer e da tutte le cariche sociali che rivestiva “perché intende difendersi liberamente”. Tuttavia il legale si dice “sorpreso” che Scanu sia stato arrestato e sia finito in carcere “per esigenze cautelari inesistenti: la richiesta del pm è di febbraio e l’arresto è di ottobre”. Da parte sua Kinetika Sardegna, gestore di tre cliniche a Cagliari, precisa che “Alberto Scanu non ha alcun incarico nell’azienda né alcuna partecipazione nella società avendola ceduta nel 2014”. Peraltro Kinetika non figura tra le aziende sotto inchiesta della Procura.

La bancarotta fraudolenta è di circa 60 milioni di euro. Gli sviluppi delle indagini sono legate al fallimento di nove società, alcune nel ramo sanitario altre in quello immobiliare e delle costruzioni, di cui Scanu era amministratore o socio. Le accuse sono di bancarotta per distrazione, o preferenziale o tramite una ritardata dichiarazione di fallimento. All’origine del provvedimento restrittivo ci sono la reiterazione del reato e l’inquinamento delle prove. Scanu era stato coinvolto anche nell’inchiesta sul crac di 13 milioni della Clinica Città di Quartu, ma era stato assolto.

Gli indagati sono 12. Oltre ai quattro arrestati ci sono 8 persone che – secondo la Procura – hanno rivestito ruoli all’interno delle 10 società fallite sotto inchiesta: Paolo Zapparoli, originario di Varese e residente a Milano; Pier Domenico Gallo, di Cossano Belbo, in provincia di Cuneo, con residenza in Svizzera; Paolo Moro, di Milano; Caterina Della Mora, nata a Udine e residente a Lugano; Giovanni Marras, di Meana Sardo (Nuoro); Domenico Falchi, di Macomer (Nuoro); Enrico Gaia e Francesco Zurru di Cagliari. Le aziende sotto inchiesta sono Polsan, Sant’Elena Srl, Immobiliare Casa di cura Sant’Elena, Compagnia immobiliare Sardegna Srl, Scancenter srl, Sofinda Srl, San Pantelo Srl, Sansucchi, Sgi Settimo San Pietro e Sofarmed in liquidazione. Tutte le società sono riconducibili, secondo gli inquirenti, a Scanu. Quasi tutte le società gravitavano nel ramo sanitario, alcune in quello immobiliare.

Sul fallimento di 9 delle 10 società ci sono “gravi indizi di colpevolezza” scrive il gip Casula nelle motivazioni dell’ordinanza di custodia cautelare, lunga 163 pagine. “L’ispettorato di vigilanza della Banca d’Italia – scrive il giudice in merito alla presunta bancarotta della Polsan srl – aveva rilevato che la posizione creditoria vantata dal Banco di Sardegna e dalle sue controllate nei confronti del Gruppo Scanu fosse stata caratterizzata da ‘eccessiva tolleranza e scarsa trasparenza‘ e mantenuta tra gli ‘incagli’ ancorché da tempo in palese stato di insolvenza irreversibile'”. La Polsan è poi fallita con un passivo di 10.683.640 euro.

Quanto alle altre società, la Procura contesta i crac della Sant’Elena srl Casa di Cura privata in liquidazione per un totale di 9.310.289 euro; della Immobiliare Casa di Cura Sant’Elena srl per 16.084,827; Compagnia immobiliare Sardegna per 8.226.829 euro; la San Pantaleo srl per 2.058.682; la Sofinda srl per oltre 816mila euro; la Sancenter srl per circa 349mila euro; la Sansucchi srl per 3.250.000 euro; la Società farmaceutica mediterranea srl per 8.236.128 euro. Il pm – precisa l’ordinanza – sta indagando ancora sul fallimento della Sgi Settimo Scral, dichiarato nel 2016 con debiti per 1.295.910 euro. “Lo stato di insolvenza del Gruppo Scanu – scrive il giudice, ipotizzando sia il rischio di inquinamento probatorio che quello di reiterazione dei reati – risaliva al 2002. E’ stata ampiamente dimostrata la consuetudine con la quale Alberto e Laura Scanu si sono avvalsi di prestanome per la gestione di alcune società che vengono condotte al fallimento”.

Aggiornato da Redazione alle 11.38 del 14 ottobre 2019

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