Il giorno dopo che la base M5s ha deciso per l’immunità a Matteo Salvini, il gruppo parlamentare e i portavoce sul territorio digeriscono il risultato e si preparano ad affrontarne le conseguenze. “Non c’è nessuna spaccatura, c’è un voto democratico, i voti bulgari appartenevano a un’altra epoca, a un altro regime a un altro sistema”, ha detto Mario Michele Giarrusso, il senatore 5 stelle che siede in giunta per le Immunità. Il risultato della consultazione online, la più partecipata della storia del Movimento, è stato annunciato dallo stesso Luigi Di Maio durante l’assemblea congiunta M5s. “Ora il caso è chiuso“, ha dichiarato ai microfoni del Fatto Tv. Ma in realtà, nel bene e nel male, quel voto ha segnato una svolta per i 5 stelle. Mentre la giunta è riunita in queste ore, tacciono i vertici. Non ha parlato Beppe Grillo, che è appena arrivato a Roma dove stasera calcherà il palco del Teatro Brancaccio: si è presentato indossando una maschera di cartone raffigurante se stesso con a fianco un amico che indossava la stessa maschera. Oltre alle dissidenti ormai storiche Elena Fattori e Paola Nugnes, qualcun altro ha provato a prendere la parola. Anche se è difficile mettersi contro il volere degli iscritti.

La deputata Doriana Sarli su Facebook ha scritto: “Talebani, così ci hanno definito ieri in assemblea”, ha scritto. “Io non sono talebana, non voglio portare avanti il bagaglio politico e culturale dell’Islam. Forse mi definirei più coerente con dei principi che mi sembrano alla base del nostro progetto politico. Ora in Parlamento siamo minoranza fuori non credo. Ma è ovvio che una riflessione va fatta. Sia personale che politica”. Tra tutti, spicca il like del collega Luigi Gallo. Che poi su Facebook ha scritto: “Non liquiderei così facilmente questa votazione. Il 41% degli iscritti al M5s chiedono ai vertici un cambio di passo e il ritorno ai principi del M5s. Il 41% è un numero enorme. E’ un 41% fatta di persone diffuse in tutto il paese, sono carne e vita di cittadini attivi che credono in un sogno da almeno 10 anni, sono cittadini che ogni giorno si impegnano, sono consiglieri comunali che dedicano la loro vita al bene comune, sono sindaci che rischiano ogni giorno. Questi cittadini si sono innamorati di un programma votato da 11 milioni di cittadini. Programma, valori e principi che il M5S è chiamato a realizzare, a raccontare, a rivendicare in modo trasparente nel Paese ma anche al suo partner di governo”.

Ora la linea ufficiale è quella di riuscire a superare in fretta l’ostacolo in giunta e poi in Aula e cercare di voltare pagina. Soprattutto in vista delle Europee, appuntamento elettorale decisivo per gli equilibri e la sopravvivenza del governo. L’incognita rimangono i dissidenti: come si comporteranno i senatori al momento del voto? Non tutti condividono la linea scelta dalla base M5s, ma tradire gli iscritti è peggio che tradire i propri valori e molto probabilmente tutti si allineeranno. Nel merito Giarrusso ha preso tempo: “Non tocca a me occuparmene, c’è un capogruppo al Senato, c’è un leader politico”, ha detto. Più duro il deputato Francesco Silvestri: “La democrazia diretta è sempre stato un principio fondante del Movimento 5 stelle. Anche sul caso Diciotti abbiamo fatto decidere i nostri iscritti, che è esattamente quello che non hanno mai fatto le altre forze politiche. Per questo ci stupiscono le parole di alcuni parlamentari che oggi si lamentano per questa decisione”. E ha aggiunto: “Ricordo, ad esempio, alla senatrice Elena Fattori e a quanti cercano giornalmente visibilità sui giornali, che è proprio grazie a Rousseau che sono potuti entrare in Parlamento, ben conoscendo le regole che hanno sottoscritto. Il dialogo all’interno del MoVimento è sempre aperto, ma se Fattori e gli altri non condivido più questo modus operandi, potrebbero semplicemente restituire quanto dovuto e dimettersi”. Il riferimento è alle senatrici dissidenti Fattori e Paola Nugnes, che hanno anche contestato la scelta di chiedere alla base come votare visto che “si è andati a toccare un principio fondante dei 5 stelle”.

Il commento della Nugnes è stato però un vero e proprio attacco ai colleghi e alla linea scelta di seguire fino a questo momento: “Per me bisogna cercare un altro mezzo per trovare le convergenze e non cedere passo passo a ricatti”, ha detto intervistata su Radio Capital. “Condivido l’idea di voler andare avanti per portare avanti il programma, ma questo cedere può essere deleterio per il M5s e per il Paese. Si sta disegnando un’idea di società respingente, che fa leva sui più deboli. Siamo in recessione etica e morale, si sta dando adito a una visione di chiusura e di respingimento che non appartiene al vero Movimento”. Il tesoriere M5s Sergio Battelli le ha risposto con un post su Instagram: “Mi fanno davvero uscire di testa certe uscite di nostri colleghi contro il voto! E’ stato un esercizio di democrazia, non c’è stato nessun artifizio volto ad influenzare il voto, abbiamo detto che avremmo portato in giunta l’espressione dei cittadini, nonostante ciò, oggi leggo di colleghi, che come tutti i giorni, lamentano complotti o risultati ‘scontati’. La mia domanda è, quando sulla piattaforma si decidevano le candidature? Nessuno si lamentava?”.

Ha scelto di evitare le polemiche invece Chiara Appendino, la sindaca M5s di Torino che solo ieri al Fatto aveva parlato dell’importanza che i politici vadano a processo. “Se accetti di far parte di un Movimento che decide di porre in votazione dei quesiti devi anche accettare l’esito di quel voto”, ha detto oggi. “Ora bisogna ricompattarsi e continuare a lavorare. Questo è il mio auspicio. E’ chiaro che è stato posto un quesito che ha toccato le corde di molte persone non a caso sono stati in tanti a votare e quindi è un voto sentito, lo dico da persona che ha votato non dell’indirizzo che è stato l’esito della votazione”.

Non mancano però le voci critiche che arrivano dal territorio, dove i malumori sono più difficili da nascondere. “Non sono io che mi devo dimettere”, ha detto ad esempio il consigliere comunale M5s Ugo Forello, molto critico da mesi sulla linea ufficiale del Movimento, “ma chi ha rinnegato i propri valori e proprio per questo ha fatto perdere al Movimento il grande consenso di cui vantava. Se oggi siamo poco sopra il 20 per cento e non più ben oltre il 30 per cento non è certo per mia responsabilità, sono altri che hanno elaborato queste strategie fallimentari. Io sono e rimango sempre fedele al percorso intrapreso, perché la coerenza e la trasparenza vengono prima di tutto. Io ho accettato il risultato, nessuno vuole imporre niente, ma se non c’è uno spazio di discussione libera dentro e fuori il Movimento, il consenso non potrà che continuare a scendere”.

 

 

 

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