C’è anche il padre del sindaco di Catania tra le persone finite agli arresti domiciliani nell’ultima operazione della procura di Catania. Si tratta di Antonio Pogliese, padre di Salvo, eletto primo cittadino del comune etneo nel 2018 con il centrodestra. L’indagine della guardia di finanza ipotizza associazione per delinquere, bancarotta ed evasione fiscale. Professionista di successo ed esperto del settore della grande distribuzione, Antonio Pogliese ha uno dei più noti studi di economia e finanza della città. Per gli inquirenti a Catania esisteva un sistema fraudolento in grado di garantire a diversi gruppi familiari di imprenditori la sottrazione al pagamento di imposte di oltre 220 milioni di euro e la contestuale elusione di procedure esecutive e concorsuali. “A orchestrare e scandire le fasi del circuito criminale – scrive la procura di Catania – era lo studio associato Pogliese, che assumeva il ruolo di ‘regista‘ del sistema illecito attraverso l’azione diretta del commercialista Antonio Pogliese”. Sono finiti agli arresti domiciliari oltre a Pogliese anche alcuni suoi associati: Michele Catania, di 53 anni, Salvatore Pennisi, di 46.

I tre, secondo l’accusa, “avvalendosi di Salvatore Virgillito, di 66 anni, liquidatore fiduciario dello studio, anch’egli agli arresti domiciliari, costituivano un’associazione a delinquere, almeno dal 2013, dedita ad una serie indeterminata di condotte delittuose in materia societaria, fallimentare e fiscale”.  Arresti domiciliari disposti dal Gip anche per gli imprenditori Antonino Grasso, di 54 anni, Giuseppe Andrea Grasso, di 51, Michele Grasso, di 58, Concetta Galifi, di 39, e Rosario Patti, di 79. Misura interdittiva ad esercitare il diritto d’impresa per un anno per Alfio Sciacca, di 67 anni, e Nunziata Conti, di 65.

Nell’inchiesta sono finite anche alcune intercettazioni del padre del sindaco. “Questa pesantezza dell’azione della Procura non escluderei che possano fare un monitoraggio: la cosa più pericolosa è questa anche perché se lo fanno non lo fanno su Virgillito (liquidatore fiduciario dello studio, ndr), che lo considerano un ‘pupo di pezzà, magari loro lo fanno per colpire qualcun’altro”, diceva Antonio Pogliese,  al telefono con uno dei suoi associati, Michele Catania, anche lui agli arresti domiciliari. In un’altra intercettazione Pogliese parla con Concetta ‘Stefania Galifi, amministratrice della ‘Prima trasporti srl’ anche lei ai domiciliari, e parlando di problemi societari, afferma : “Dopo alcuni mesi è uscito il cadavere…Allora il dottore Catania (associato dello studio Pogliese, ndr) non c’era perché c’era un altro… questo cadavere mica più tempo passa e poi si sistema da solo..”. “Il mio disegno – spiega il professionista all’imprenditrice – era mettiamola in liquidazione e la cancellata cancelliamo.. con il senno di poi.. Il mio disegno era di cancellarla nel 2015 .. Allora questo rischio della Procura non c’era perché la legge fallimentare e del 42 no? Non abbiamo stimato il rischio della Procura – osserva Pogliese – perché allora non era stimabile…”.

“Sono dispiaciuto e amareggiato per la vicenda giudiziaria che investe mio padre per la sua attività professionale, nota e apprezzata a Catania e in Sicilia”, dice il sindaco di Catania. “Per antica tradizione familiare e culturale – aggiunge l’ex eurodeputato di Forza Italia – ho sempre riposto la massima fiducia nella magistratura a cui è rimessa ogni valutazione sulle accuse mosse. Con altrettanta convinzione sono sicuro che mio padre, di cui ho sempre ammirato l’adamantina condotta di professionista e di genitore, saprà dimostrare la sua totale estraneità ai fatti che gli vengono contestati, riguardanti lo svolgimento di alcuni incarichi di consulenza dello studio professionale che dirige da cinquanta anni senza che alcuna ombra ne abbia offuscato l’operato. Mai”.

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