Una volontaria italiana di 23 anni, Silvia Romano, è stata rapita da un commando di uomini armati che martedì sera hanno attaccato il villaggio di Chakama, a circa 80 chilometri a ovest di Malindi, in Kenya. La giovane, originaria di Milano, lavora per la onlus marchigiana Africa Milele che opera nella contea di Kilifi, in Kenya, dove segue un progetto di sostegno all’infanzia con i bambini di un orfanotrofio. Intanto, la Procura di Roma ha aperto un fascicolo di indagine, coordinato dal pm Sergio Colaiocco: si ipotizza il reato di sequestro di persona per finalità di terrorismo. I carabinieri del Ros sono già in contatto con le autorità keniote. Anche la Farnesina ha confermato il rapimento, attivando l’unità di crisi e mettendosi subito in contatto con l’ambasciata italiana a Nairobi e con la famiglia della cooperante. “Ci stiamo lavorando fatemi dire il meno possibile”, ha commentato il ministro dell’Interno e vicepremier Matteo Salvini.
Nell’attacco sono rimaste ferite almeno 5 persone, tra cui diversi bambini, e alcune sono gravi. Durante l’assalto, riferisce la polizia locale, gli uomini armati di fucili AK 47 “hanno sparato all’impazzata” prima di prelevare la volontaria. Non è ancora chiaro il motivo dell’azione né chi l’abbia compiuta ma fonti sul posto riferiscono che i sospetti si concentrano sui miliziani di Al-Shabaab: nella zona ci sono infatti già stati diversi episodi di sequestri di altri stranieri da parte dei fondamentalisti islamici. “Gli assalitori vestivano alla maniera somala e parlavano in somalo”, ha raccontato alla Reuters un testimone scampato all’attacco. Le cinque persone rimaste ferite, tutte keniote tra i 12 ed i 42 anni, sono state colpite mentre cercavano di mettere in salvo la volontaria italiana dai rapitori.
“Il rapimento della volontaria italiana 23enne è avvenuto in una parte del Kenya dove non ci sono centri commerciali, al massimo un negozietto dove si vendono fagioli e dove soprattutto non succede mai niente del genere”, ha spiegato Liliana Sora, presidente della Onlus. “A quanto ci hanno raccontato le persone che abitano nel villaggio – ha aggiunto – sono arrivati quattro-cinque individui armati che hanno lanciato un petardo, facendo sollevare la sabbia e hanno sparato più volte. Poi sono andati, a colpo sicuro, nella casa dove era la nostra volontaria, probabilmente perché lì sapevano che c’era una italiana, anche se non so spiegarmi il motivo di quello che è successo. In quel momento era da sola, perché altri erano partiti e altri ancora arriveranno nei prossimi giorni”.
Il racconto del rapimento – Secondo quanto ha raccontato un ragazzo testimone dell’accaduto alla polizia, gli uomini che hanno rapito Silvia Romano cercavano proprio lei e l’hanno schiaffeggiata e legata, prima di portarla via. Il giovane è uno dei ragazzi la cui istruzione è sostenuta dalla onlus per cui lavora la ragazza italiana ed era nell’ufficio dell’organizzazione, quando ha sentito gli spari provenienti dall’esterno, che hanno fatto fuggire o nascondere tutti quelli che si trovavano nell’area commerciale. La banda ha quindi fatto irruzione nell’ufficio con fucili e machete, intimando che fosse loro detto dov’era la donna bianca. “Ho detto loro che se ne era andata – racconta – ma non mi hanno creduto e si sono precipitati nella stanza, dove l’hanno trovata”.
Il giovane ha detto poi di averli seguiti e aver sentito uno di loro chiedere a un altro “se fosse lei”. Quando gli è stata data una risposta affermativa, l’ha “schiaffeggiata duramente finché Silvia è caduta”. “Ronald, per favore, per favore! Ronald, per favore aiutami”, avrebbe detto la giovane, secondo Ngala. “Ho provato a respingere un uomo che la teneva giù per legarle le mani dietro la schiena – dice ancora il ragazzo – ma qualcuno mi ha colpito in testa con un bastone e ho quasi perso i sensi. Lei mi ha detto di mettermi in salvo e sono fuggito”. Due degli uomini armati che erano fuori dalla stanza avrebbero quindi sparato a delle persone presenti. Secondo Ngala, i rapitori hanno portato Romano attraverso il fiume Galana.
Il profilo di Silvia Romano – Non era la prima volta che Silvia partecipava ad un’esperienza di volontariato. Già a luglio era partita per una missione in Kenya, poi era ritornata per un breve periodo a settembre e si era rimessa in viaggio poco dopo, a inizio novembre. “Si sopravvive di ciò che si riceve ma si vive di ciò che si dona”, scriveva lo scorso agosto come didascalia ad una foto che la ritrae insieme a dei bambini africani.
La 23enne ha una formazione come istruttrice di ginnastica e lavora in una palestra milanese. È laureata alla Scuola superiore per mediatori linguistici del Ciels di Padova con indirizzo in Sicurezza e Difesa Sociale. Il suo ultimo post è del 17 novembre e la ritrae sorridente, alle spalle di una capanna di legno in un villaggio, mentre veste degli abiti tipici africani. In altre foto appare mentre sale su un albero di cocco o durante un selfie con i bambini di cui si prendeva cura.