“È troppo facile chiedere scusa” ha esordito il rettore dell’Università di Pisa Paolo Mancarella. E’ stato suo il discorso a nome dell’intero accademico per chiedere scusa, a distanza di 80 anni, per l’espulsione di migliaia di ebrei (studenti e insegnanti) dagli atenei di tutto il Paese, per volere e per decreto del governo fascista di Benito Mussolini. “Noi oggi non dobbiamo obbedire mai più – ha aggiunto Mencarella – di non obnubilare mai la mente per cedere a nuove

Il rettore Paolo Mancarella

inique ragioni, di Stato, di corporazione, di carriera, di quieto vivere, di indulgenza reciproca”. I decreti razzisti portarono all’allontanamento di 448 docenti e all’espulsione di 727 studiosi, oltre a colpire un migliaio di studenti. “Qui, molti anni fa – ha detto il rettore Mancarella – sono avvenute cose che non sarebbero mai dovute accadere. E noi vogliamo ricordarlo. Ci sono vite che, a partire da questo luogo, sono state sospese, stravolte, distrutte“. L’incontro si è tenuto all’università di Pisa, che fu una delle più colpite dalle leggi razziali, firmate dal re Vittorio Emanuele III proprio nella sua dimora di San Rossore, a pochi chilometri dalla torre pendente. Secondo i dati riportati nel libro La doppia epurazione, l’Università di Pisa e le leggi razziali tra guerra e dopo guerra scritto da Francesca Pelini e Ilaria Pavan, qui i docenti espulsi furono 20 (pari al 5,3% dell’intero corpo docente) mentre tra il 1938 e il 1940 gli studenti che riuscirono a completare gli studi furono solo 4.

La presidente dell’Ucei Noemi Di Segni

Ottant’anni: “Un’eternità” ha detto Noemi Di Segni, presidente dell’Unione delle comunità ebraiche italiane. “Sono la durata di tre generazioni – ha sottolineato – Tanto abbiamo atteso per ascoltare queste parole nel nostro Paese”. Per Di Segni è importante oggi tradurre “la vostra solenne dichiarazione in fatti, saper trasmettere una ferma convinzione a chi tentenna, a chi desidera essere parte dell’accademia italiana”. La presidente dell’Ucei ha dichiarato che “da chi ha vissuto l’esclusione“, la sua generazione non ha ricevuto sentimenti di “rivendicazione o restituzione di odio“. Ma è la “vigilanza e rispetto della libertà e del riconoscimento dell’altro” l’eredità lasciata da chi da quelle università è stato escluso: “un ‘altro‘ che è un ‘noi’ società italiana – ha concluso Di Segni – e di partecipazione alla ricostruzione e allo sviluppo culturale e accademico dell’Italia e dell’Europa“.

Decine di rettori hanno partecipato all’appuntamento di Pisa alla presenza dei rappresentanti delle comunità ebraiche. C’erano anche tutte le autorità civili, ad eccezione del Comune di Pisa, retto da giugno da una giunta di centrodestra. Era assente, infatti, il sindaco di Pisa Michele Conti (della Lega, eletto dal centrodestra) e il suo posto riservato è rimasto vuoto per la maggior parte della durata dell’incontro ed è stato occupato solo quando la presidente dell’Unione delle comunità ebraiche italiane, Noemi Di Segni, stava concludendo il suo intervento dal vicesindaco Raffaella Bonsangue che ha poi abbandonato il cortile de La Sapienza subito dopo la fine della cerimonia.

Non c’era il ministro dell’Istruzione e dell’Università Marco Bussetti che però ha mandato un messaggio in cui ha definito la cerimonia “un momento storico” e ha aggiunto che il suo ministero chiede “perdono per una pagina terribile della storia dell’umanità e del Paese. Oggi è un momento di pubblica consapevolezza”. “Stiamo dando ai nostri giovani – conclude il ministro Bussetti – una fondamentale lezione di vita: non è mai troppo tardi per imparare dagli errori. Per ammettere una colpa. Per sviluppare la determinazione ad agire in maniera diversa, mossi dai valori di solidarietà e fratellanza che sono alla base della nostra Costituzione”. Le scuse pronunciate dal rettore di Pisa Mencarella sono state ribadite anche da Gaetano Manfredi, presidente della Crui, la Conferenza dei rettori italiani. Nel suo intervento Manfredi ha aggiunto le leggi razziali di Mussolini causarono il tradimento “della missione autentica delle università che è quella di tutelare tutte le culture“. E per questo le scuse devono trasformarsi in “un impegno concreto e quotidiano per impedire che certi pericoli, ancora presenti nella società contemporanea, possano tornare“.

Tra le varie storie è stata ricordata una positiva, quella del professor Vito Volterra, anconetano, matematico, senatore, fondatore e primo presidente del Cnr, fondatore della Società italiana per il progresso delle scienze e presidente dell’Accademia dei Lincei. E, tra i tanti suoi ruoli, anche intransigente antifascista: si rifiutò, da scienziato e da senatore nominato da Giolitti nel 1905, di giurare fedeltà al regime, e sottoscrisse il “Manifesto Croce” degli intellettuali antifascisti. “Volterra – ha sottolineato Domenico Laforenza, presidente dell’Area della ricerca di Pisa del Cnr –  è esempio di come il rigore scientifico si possa e si debba coniugare ad un grande senso di rettezza civica”. All’area Ricerca del Cnr di Pisa è in corso la mostra Vito Volterra. Il Coraggio della scienza.

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