“È mostruoso quello che l’oculista Aldo Fronterrè ha fatto per Setola. Ha creato i presupposti perché il killer uscisse di cella e uccidesse così tante persone nel Casertano”. Il pm Alessandro Milita non usa giri di parole nella prima parte della requisitoria del processo, in corso al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere (Caserta), in cui sono imputati il capo dell’ala stragista dei Casalesi Giuseppe Setola, condannato con sentenza definitiva a sei ergastoli per 18 omicidi commessi nel Casertano nel 2008, tra cui la strage dei ghanesi, e l’oculista di Pavia Aldo Fronterrè; al killer è contestata la simulazione di reato, mentre al professionista lombardo, considerato un luminare del settore oculistico, sono contestati il concorso esterno in associazione camorristica e false attestazioni all’autorità giudiziaria.

Per l’accusa Fronterrè avrebbe presentato tra la fine 2006 e l’inizio del 2007 false attestazioni mediche diagnosticando a Setola una malattia all’occhio destro, un foro maculare, di cui Setola non avrebbe mai sofferto, mentre invece il camorrista soffriva effettivamente di disturbi all’occhio sinistro per un trauma subito in gioventù; la consulenza medica convinse così la corte d’Assise di Santa Maria Capua Vetere a concedere a Setola, il 18 gennaio 2008, gli arresti domiciliari in un’abitazione nei pressi della clinica Maugeri di Pavia, dove lavorava Fronterrè e dove il killer si sarebbe dovuto curare; il 18 aprile dello stesso anno, però, Setola evase dalla clinica dando inizio alla stagione del terrore nel Casertano.

Milita, che durante il processo è passato dalla Dda di Napoli alla Procura di Santa Maria Capua Vetere, dove ha il ruolo di Aggiunto, spiega che “questo è l’ultimo processo riguardante Setola e il periodo dell’evasione e degli omicidi. Un’eventuale condanna – prosegue Milita – sarebbe irrilevante per Setola, che ha numerosi ergastoli da scontare, ma sarebbe fondamentale perché dichiarerebbe falsa quella cartella clinica usata da Setola con la complicità del suo ex legale Girolamo Casella, che per questi fatti è già stato condannato definitivamente (11 anni di carcere, ndr), e dello stesso Fronterrè: tra 5 o 10 anni, quando sarà calata la memoria delle gesta terroristiche compiute da Setola, nessuno potrà più usare questa cartella clinica per provare a farlo uscire dal carcere, o comunque bisognerà stare molto attenti per non incorrere in gravi reati”.

Il pm stigmatizza il comportamento processuale di Fronterrè, definendolo “ridicolo”, in particolare quando durante l’esame in dibattimento “ha detto che si ritrovò Setola alla clinica Maugeri di cui era un primario senza sapere perché. Questa è una versione che ripugna alla logica umana, e che contraddice l’ammissione fatta da Fronterrè durante l’interrogatorio di garanzia effettuato in carcere dopo l’arresto del dicembre 2012. Lì, davanti al gip, ammise di aver accentuato la patologia di Setola”. Milita è ancora più duro quando ricorda che Fronterrè, pure dopo l’arresto di Setola nel gennaio del 2009, “quando tutto il mondo sapeva dei suoi omicidi, continuò a tentare di farlo uscire dal carcere presentando un’altra consulenza al processo per la strage degli africani”. Il pm riporta anche le dichiarazioni spontanee fatte da Setola in aula nell’ottobre 2014, quando il camorrista dichiarò di voler iniziare un percorso di collaborazione con la giustizia. “Ci vedo molto bene, racconterò tutto alla Dda” ricorda Milita; la cosa non andò avanti perché “fortunatamente – aggiunge il pm – la collaborazione non si concretizzò”. La requisitoria si concluderà con le richieste di pena nell’udienza del 13 marzo.

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