Anche oggi Matteo Renzi fa finta di nulla. Per il secondo giorno consecutivo il segretario del Pd prende posizione sull’inchiesta Consip e continua ad accusare il Fatto Quotidiano per lo scoop firmato da Marco Lillo il 16 maggio, ma di quel “Luca” di cui lui stesso parla al padre Tiziano nell’intercettazione pubblicata dal nostro giornale non fa menzione. Come se quel virgolettato non esistesse, come se non fosse stato lui stesso a tirare in ballo quel nome.

Il colloquio pubblicato da Marco Lillo nel suo libro Di padre in figlio (PaperFirst) e anticipato dal Fatto apre uno squarcio sui rapporti di forza che vigono nella primissima cerchia dell’entourage di Matteo Renzi e illumina a giorno il legame che intercorre tra il circolo rignanese e quello istituzionale dell’ex premier. “Io non voglio essere preso in giro e tu devi dire la verità in quanto in passato la verità non l’hai detta a Luca e non farmi aggiungere altro. Devi dire se hai incontrato Romeo una o più volte e devi riferire tutto quello che vi siete detti”, intima al padre al telefono. Chi è il “Luca” di cui parla il neo-rieletto segretario del Pd? Di Luca coinvolto nell’indagine delle procure di Napoli e Roma sulla centrale pubblica degli acquisti ce n’è uno: il ministro dello Sport Luca Lotti, indagato per rivelazione di segreto d’ufficio. Ma Renzi all’argomento non fa riferimento né per smentire, né per confermare.

Meglio parlar d’altro. Così, dopo le 7.311 battute del post del 16 maggio in cui al misterioso “Luca” non fa minimo cenno, oggi su Facebook torna sull’argomento parlando dell’intervista rilasciata al Corriere della Sera da sua nonna Anna Maria. “Qual è il pezzo forte oggi sullo scandalo Consip? – domanda Renzi dopo aver ribadito che le intercettazioni sono illegittime e che il Fatto le pubblica violando la legge – un’intervista a mia nonna Anna Maria, meravigliosa donna buona e generosa di 87 anni, cui viene spiegato che suo figlio e suo nipote hanno litigato. Io sono molto fiero delle mie nonne, due tra le persone più belle che ho incontrato nella mia vita. Ma posso fare un appello per lasciare in pace almeno loro? Almeno le nonne, dai”, scrive l’ex premier protestando per un pezzo in realtà innocuo, rispettoso della persona intervistata e che non entra minimamente nel merito della questione.

Non solo: Renzi accusa, mentendo, Marco Lillo e viene smentito non solo dallo stesso Lillo, ma anche da La Repubblica. “Lillo mi conosce, già in un caso abbiamo fatto una transazione, che c’è ma io mi sono impegnato a non rilevare i contenuti dell’accordo su una notizia falsa che lui aveva scritto su di me”, sibilava l’ex sindaco di Firenze martedì durante la diretta di matteorisponde. Accusa affidata, peraltro, a un passaggio del post mattutino su Facebook. A cosa si riferiva il segretario del Pd? A una vicenda risalente a otto anni fa, della quale questa mattina Gianluca Di Feo fornisce la corretta ricostruzione: “Le parole pronunciate ieri da Matteo Renzi non sono corrette: sono io l’autore dell’errore in quell’articolo de “l’Espresso” firmato assieme a Marco Lillo nel dicembre 2008 – scrive il vicedirettore de La Repubblica, all’epoca dei fatti caporedattore del settimanale del gruppo Espresso, assumendosi con la massima correttezza la responsabilità dell’accaduto – Ho scritto che l’allora candidato sindaco di Firenze era indagato: una circostanza falsa, frutto di una notizia non verificata. Renzi presentò querela e la ritirò nel dicembre 2011, dopo un accordo con un risarcimento economico”. Marco Lillo, dunque, non ha scritto alcuna “notizia falsa”. Renzi, invece, ha detto una bugia.

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