Due elezioni, due ricorsi al tribunale ordinario e molti veleni. L’elezione del presidente dell’Associazione nazionale Comuni italiani in Sardegna è diventato un caso di studio. Con un simile effetto sequenza: fumata bianca, nera, anzi grigia. Tutto è iniziato quasi cinque mesi fa, il 23 settembre 2016. E ancora non è finita. In mezzo ci sono i due contendenti, entrambi del Pd, e una saga che contrappone quelle che sono diventate due fazioni. Attorno, “gli indifferenti”. Al momento comunque un presidente c’è: durante l’ultima assemblea ad Abbasanta (nell’Oristanese) convocata il 30 gennaio è stato eletto per acclamazione Emiliano Deiana, il sindaco di Bortigiadas, centro di 787 abitanti in Gallura, democratico dalla voce critica. Questo è successo nel primo pomeriggio e sono stati contati 187 voti per alzata di mano (su 337 primi cittadini e potenziali elettori).

La mattina, invece, la riunione – in parte già disertata – è stata poi abbandonata all’ora di pranzo dall’avversario Giuseppe Ciccolini (sindaco di Bitti, nel Nuorese, meno di 3mila abitanti) e dai suoi sostenitori. Non un saluto pacifico, chiaramente. Perché la parte contrapposta voleva appunto evitare quel secondo voto e aspettare il pronunciamento del tribunale ordinario sulla precedente elezione, quella del 23 settembre, quando aveva vinto Ciccolini per 152 voti su 141. Una vittoria poi annullata dall’ufficio di presidenza dell’assemblea congressuale dell’Anci Sardegna per due vizi di forma: il mancato raggiungimento del quorum (previsto dal regolamento per quel giorno, in base ai presenti, a 153); la doppia scheda consegnata per mero errore materiale a un sindaco, dettaglio emerso durante lo scrutinio.

Nella stessa occasione si votava per i delegati nazionali dell’Anci e i rappresentanti regionali e invece di fare diverse chiamate, si è scelto di farne una sola. Da qui, probabilmente, il problema con le schede. Soluzioni diplomatiche? Nessuna: né un accordo, né un passo indietro. Anzi la battaglia è andata avanti su Facebook e poi per vie legali. Ciccolini si proclamava presidente: “La mia candidatura ha superato in modo chiaro e inequivocabile quella dell’avversario e mi auguro che al di là delle interpretazioni burocratiche, di cui non mi interesso, Deiana prenda atto che i sindaci hanno deciso”. L’avversario invece ribadiva l’irregolarità e la nuova chiamata alle urne: “Io riconosco che Ciccolini ha preso 152 voti sostenuto da tutto il gotha del Pd dall’Udc di Giorgio Oppi, da Forza Italia e da Insieme per le autonomie. Nonostante questo hanno vinto di una incollatura. Tuttavia poiché la regola statutaria è chiara, la votazione è da annullare e il congresso sarà riconvocato. Per l’Anci Sardegna si apre un enorme problema politico – avverte – e sta alla saggezza di Ciccolini quello di valutarlo”.

Uno stallo definito dal presidente uscente dell’Anci, Pier Sandro Scano, rimasto reggente: “Imbarazzante e non più sostenibile”. Ma a nulla è servita la sua mediazione. Anche l’ipotesi dell’intervento di un collegio arbitrale è stata subito abbandonata. Di fatto l’elezione è stata annullata dall’ufficio di presidenza guidato dal sindaco di Alghero Mario Bruno (Pd), supportato da due figure: un notaio e il rappresentante dell’Anci nazionale. Ma Ciccolini non si è arreso, e con un ricorso al tribunale ordinario tenta di chiarire l’interpretazione del regolamento (quorum sui presenti o quorum sui votanti). Il responso previsto per l’8 febbraio non è ancora arrivato, e nel frattempo c’è stata l’elezione per acclamazione. E quindi un secondo ricorso giuridico: questa volta Ciccolini chiede, sempre al tribunale civile, l’annullamento dell’elezione vinta da Deiana. Ma la competenza potrebbe essere amministrativa, è quindi del Tar, punto e a capo. Il sindaco dei sindaci in Sardegna resta in bilico tra sentenze e urne.

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