È una prima assoluta. Un balzo da gigante per l’Europa intera. Che, per una volta, si muove come se tra i suoi Stati membri non esistessero confini, provando persino a estenderli al di fuori della Terra. Il Vecchio Continente si prepara a sbarcare sul Pianeta rosso con la missione ExoMars (Exobiology on Mars), frutto di una collaborazione tra l’Agenzia spaziale europea (Esa) e l’omologa russa Roscosmos. L’appuntamento è fissato per il 19 ottobre, tre giorni dopo l’ingresso nell’orbita marziana.

Sei minuti da brivido, “impresa riuscita solo agli Usa”
Prima di “ammartare”, però, l’ambasciatore europeo nello spazio dovrà superare un ultimo ostacolo. Sei interminabili minuti. Gli ultimi di un viaggio durato sette lunghi mesi. Sei minuti di terrore, che il modulo di discesa percorrerà tutto d’un fiato, partendo da una velocità iniziale di 21mila km/ora. Un tuffo da brivido. “Un azzardo”, lo definisce l’Esa. Le condizioni esterne potrebbero, infatti, essere proibitive. È la prima volta che una sonda arriva su Marte nella stagione delle tempeste. Niente a che vedere con ciò che accade sulla Terra. Su Marte, infatti, possono essere talmente intense da avvolgere l’intero pianeta. Anche se, con molta meno energia e senza sabbia. Solo polveri sottili. 

“Stiamo facendo una cosa difficilissima. Lo sappiamo. Si tratta di un’impresa riuscita finora solo agli americani”, commenta Enrico Flamini, coordinatore scientifico dell’Agenzia spaziale italiana (Asi). La presa di Marte sarà, in realtà, duplice. L’Europa conquisterà sia i cieli che la superficie del Pianeta rosso. Il primo passo è stato il distacco, avvenuto correttamente il 16 ottobre, tra il modulo di discesa Entry, descent and landing demonstrator module (Edm) – il lander che porta il nome dell’astronomo italiano che realizzò la prima mappa di Marte, Giovanni Schiaparelli – e la nave madre, il Trace gas orbiter (Tgo). Quest’ultimo entrerà nell’orbita marziana, dove resterà per sette anni, stabilizzandosi su un’orbita circolare a circa 400 km di quota, dopo una serie di manovre in cui disegnerà nello spazio grandi ellissi. Schiaparelli, invece, si getterà a capofitto sul pianeta.

Protetto dal suo scudo termico, bucherà la tenue atmosfera marziana. Poi, per rallentare, aprirà il suo paracadute e, subito dopo, i retrorazzi frenanti. Fino ad adagiarsi delicatamente, si spera, sulla sabbia arrugginita della regione Meridiani Planum, in corrispondenza dell’equatore marziano (un video Esa mostra la regione dello sbarco. Si tratta della stessa regione dove da 12 anni scorrazza un piccolo rover della Nasa, Opportunity, affettuosamente battezzato “Oppy”. Impacchettata nel modulo di discesa Schiaparelli, la speciale stazione meteo italiana “Dreams” (Dust characterization, risk assessment and environment analyser on the martian surface). Nella fase di discesa sarà, inoltre, attivo l’esperimento a guida italiana Amelia (Atmospheric mars entry and landing investigation and analysis), che studierà la parte alta dell’atmosfera marziana.

La conferma del touchdown di Schiaparelli – si legge sul sito dell’Asi – è attesa dopo le 18:33, ora italiana. La sonda Tgo dovrebbe, invece, comunicare il corretto inserimento in orbita a partire dalle 20:25”. L’Asi fa sapere che sarà possibile “attendere l’arrivo dei due segnali dal Palazzo delle Esposizioni di Roma, dove si svolgerà l’evento ufficiale internazionale Italy goes to Mars”, organizzato dall’Asi in collaborazione con l’Esa, l’Istituto nazionale di astrofisica (Inaf), Leonardo-Finmeccanica, Thales Alenia Space Italia e il National Geographic Channel. A testimonianza del ruolo da protagonista svolto dal nostro Paese in questa missione. 

Italia capofila in Europa
L’Asi è, infatti, il primo contributore di ExoMars, con 350 milioni di euro, pari al 32% del valore complessivo della missione, che è di circa 1,3 miliardi di euro. Inoltre, l’industria italiana, con la Thales Alenia Space (Thales-Finmeccanica), è capofila tra le aziende – più di cento di oltre venti Paesi – che hanno contribuito alla missione europea. Entrambi i veicoli automatici di ExoMars, l’orbiter Tgo e il modulo di discesa Schiaparelli, sono stati, ad esempio, integrati negli stabilimenti di Torino. Sempre nel capoluogo piemontese, la Telespazio (Finmeccanica-Thales) ha contribuito al centro di controllo lander Schiaparelli, gestito dall’Altec, la società nata dalla collaborazione fra Thales Alenia Space e Asi. Diversi strumenti scientifici a bordo di ExoMars, infine, sono stati ideati e sono sotto la responsabilità di ricercatori italiani dell’Asi, dell’Inaf e dell’Istituto nazionale di fisica nucleare (Infn).

“L’Italia ha un ruolo guida in Europa su ExoMars. È stato, infatti, il nostro Paese – spiega Flamini – a volere fortemente questa missione. L’Italia è un Paese di riferimento nell’esplorazione del Sistema solare e, dopo gli Usa, è l’unica Nazione a impiegare strumenti propri nelle missioni di osservazione di tutti i corpi del nostro sistema planetario, a eccezione di Plutone. Il rapporto tra l’Italia e Marte è molto stretto – sottolinea lo scienziato dell’Asi -. Risale agli Anni ’70, quando gli scienziati italiani hanno contribuito all’analisi dei dati delle due sonde Usa Viking”.

C’è vita su Marte?
Lanciata il 14 marzo 2016, la missione ExoMars ha un obiettivo ambizioso: la ricerca di vita aliena microbica, passata o presente, sul Pianeta rosso. Una prima risposta potrebbe arrivare nel 2020, quando partirà la seconda fase della missione. Il secondo volo spedirà, infatti, su Marte un veicolo robotico, un rover con le ruote, simile a un’utilitaria. Il suo passatempo preferito sarà bucherellare la superficie del pianeta fino a due metri di profondità con un piccolo trapano, ancora una volta frutto dell’ingegno italiano. Un’impresa mai tentata prima. Finora, infatti, gli scienziati sono riusciti solo a scalfirne la superficie, con la missione americana Phoenix del 2008, che ha scoperto acqua congelata sotto la polvere rossastra di Marte. È, infatti, nel sottosuolo marziano, dove è stata riscontrata la presenza di acqua e ghiaccio, che il pianeta potrebbe celare sorprese, sotto forma di tracce di vita biologica, magari in forma fossile. Condizioni difficili da trovare in superficie, sterilizzata da un incessante bombardamento di raggi cosmici e gamma.

Con i piedi per terra, di colore rosso
Il prossimo passo nella lunga manovra di avvicinamento dell’uomo verso Marte sarà prelevare dei campioni da riportare sulla Terra, per poterli studiare approfonditamente. “Riportare campioni marziani sul nostro Pianeta ha un altissimo valore scientifico – chiarisce Flamini -. Le analisi robotiche eseguite direttamente su Marte sono, infatti, limitate se confrontate a ciò che è possibile fare in un laboratorio terrestre. Basti pensare alla datazione esatta delle rocce”. Intanto, lo sguardo dell’uomo si sta già spingendo oltre. Il presidente Usa Barack Obama, prima di lasciare la Casa Bianca, ha annunciato l’intenzione degli Stati Uniti di far sbarcare il primo uomo su Marte entro gli anni 2030. Un discorso che a molti ha ricordato un annuncio analogo, fatto nel 1962, da un suo predecessore, John F. Kennedy. Allora, l’obiettivo era mandare il primo uomo sulla Luna. “Abbiamo apprezzato molto la sollecitazione di Obama – conclude Flamini -. Uno stimolo per tutti noi a non disperdere le energie, in vista di un traguardo storico: vedere il primo uomo posare piede sulla superficie rossastra di Marte”.

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