“Draghi di base ha detto: “Questo è quanto“. Ha indicato che non ci saranno ulteriori tagli dei tassi. Sarebbe stato ragionevole mantenere l’aspettativa che possono fare di più. In questo modo ha distrutto questa aspettativa senza motivo”. Così Ulrich Leuchtmann, capo della strategia monetaria di Commerzbank Ag, spiega a Bloomberg perché i mercati non hanno brindato alla decisione della Bce di ampliare il quantitative easing e mettere in campo ulteriori misure straordinarie con una potenza di fuoco di oltre 2mila miliardi per rilanciare inflazione e crescita. Nonostante il pacchetto di stimolo sia superiore alle aspettative, le borse europee hanno chiuso in rosso e l’euro, dopo un’iniziale caduta, ha recuperato terreno. A Draghi, poi, non sono stati risparmiati gli attacchi, in particolare quelli dei “falchi” di Berlino, convinti che inondare i mercati di liquidità vada a (immeritato) vantaggio dei Paesi meno virtuosi. Le banche tedesche e l’autorevole Institute for economic research di Monaco sparano a zero, accusando il presidente dell’Eurotower di aver “aumentato la dose di veleno” nelle vene dell’economia dell’Eurozona.

Politica monetaria alle corde. “Ora servono stimoli fiscali” – Il problema di fondo, secondo il capo del dipartimento reddito fisso di National Alliance Capital Markets Andrew Brenner, è che le politiche monetarie hanno già ampiamente mostrato le corde. “I membri della Bce hanno detto che i tassi di interesse negativi stanno funzionando, ma se fosse vero allora perché hanno dovuto usare questo bazooka?”, è la domanda. “Hanno realizzato che non aiutano l’economia. E’ ingegneria finanziaria che non aiuta l’economia. Forse ha evitato la distruzione dell’euro ma non ha creato espansione”. D’accordo Ernie Cecilia, chief investment officer di Bryn Mawr Trust, che sempre parlando con Bloomberg ha commentato: “La morale è che la politica monetaria ha avuto meno effetto, ultimamente, nel trainare i prezzi degli attivi. A un certo punto avremo bisogno di qualcosa di più profondo: occorre una crescita dei ricavi e degli utili delle aziende e politiche fiscali meno restrittive, in particolare negli Stati Uniti”. Insomma, ora devono muoversi i governi, abbassando le tasse e aumentando la spesa pubblica. Per di più, rileva Kevin Caron, strategist e gestore di portafoglio di Stifel Nicolaus & co, “in una certa misura gli interventi erano attesi. Il mercato di solito è abile ad anticipare le cose, ed è per questo che oggi non si sono visti grandi risultati”.

I prestiti a tassi negativi alle banche? “Positivi solo per la periferia dell’Eurozona” – Le nuove misure della Bce, in particolare l’offerta di liquidità a tassi negativi alle banche a fronte dell’aumento dei prestiti all’economia reale (Tltro), “rappresentano un segnale molto positivo sulla capacità delle banche delle periferia Ue di rifinanziarsi”, nota Credit Suisse. Ma è proprio questo a far salire sulle barricate gli analisti e gli istituti di credito tedeschi. “Il fatto che la Bce decida ora di dare crediti di lunga scadenza alle banche a rischio fallimento del Sud Europa a un tasso negativo dello 0,4% dimostra ancora una volta che questa porta avanti una politica fiscale della redistribuzione per il salvataggio di banche zombie e Stati vicini al fallimento“, attacca in una nota il presidente dell’istituto Ifo Hans-Werner Sinn. “Questa non è politica monetaria, ed è sempre più difficile per la Bce venderla come tale”. Per Michael Kemmer, direttore generale dell’associazione delle banche tedesche (Bundesverband Deutscher Banken, omologo della nostra Abi), l’Eurotower “sta esagerando il rischio di deflazione”, la scelta “di spalancare ancora di più le porte delle casse è totalmente inutile” e l’adozione di tassi sempre più negativi sui depositi “danneggia la redditività delle banche e quindi la loro capacità a lungo termine di prestare”.

Le casse di risparmio di tedesche all’attacco: “Tassi negativi sono veleno” – Ancora più dure le Sparkassen, cioè le piccole casse di credito cooperativo, che nei giorni scorsi avevano lanciato l’allarme sui rischi dei tassi negativi per i loro conti economici e ora parlano di “aumento della dose di veleno” perché, secondo il presidente della confederazione Georg Fahrenschon, con il quantitative easing “le banche centrali diventano le maggiori creditrici dei loro Stati”. “Le misure sono espressione di una ricerca disperata della Bce di dare sempre più stimolo al mercato – è l’analisi di Fahrenschon – Ma non sono più necessarie. Sarebbe stato meglio attendere gli esiti dei provvedimenti già espansivi di dicembre”.

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