Takkar non è il classico eroe tutto d’un pezzo che si fa strada tra le linee nemiche a suon di piombo e bombe a mano. Non può fare affidamento su gadget avveniristici per eludere le difese e raggiungere agevolmente l’obiettivo. Non scorta affascinanti fanciulle a bordo di bolidi rombanti, divertendosi a seminare panico e distruzione tra strade affollate. Far Cry Primal, ultima iterazione della fortunata saga di Ubisoft pubblicato in questi giorni su PlayStation 4, Xbox One e PC, baratta le classiche location esotiche con un’epoca storica relativamente poco cavalcata, almeno con questo piglio realistico, in ambito videoludico.

Nel 10.000 a.C. l’uomo era ben lungi dall’occupare la testa della catena alimentare. Una qualsiasi ferita poteva rivelarsi mortale, predatori ben più forti e agili rappresentavano rischi altissimi, arco e lance, per quanto relativamente efficaci e già segno di un intelletto superiore rispetto alla media, spesso non erano sufficienti per garantire un pasto ogni sera. Ciò che è peggio, Takkar lo sperimenterà immediatamente sulla sua pelle, una fratricida guerra tra clan indebolisce ulteriormente il tentativo dei nostri antenati di prendere il controllo della ricca e verdeggiante valle di Oros, gigantesco continente che potrà essere esplorato in lungo e in largo sin dall’inizio dell’avventura.

I cardini che da sempre caratterizzano la saga si ripresentano immutati. La mappa è un coacervo di missioni da completare; collezionabili da scovare, utili per ottenere bonus di varia natura; nemici e minacce da sventare. L’enfasi è riservata alla sopravvivenza, all’utilizzare le poche risorse in proprio possesso nel migliore dei modi. Raccogliere legna, pietre e altri materiali serve per costruire frecce, clave, lance. Affrontare i grandi predatori che abitano la valle, come orsi e tigri dai denti a sciabola, è rischiosissimo ma è necessario per potenziare l’equipaggiamento. Combattere i guerrieri delle tribù avversarie è l’unico modo per conquistare avamposti e ingrandire il proprio villaggio. In questo senso, adottare un approccio stealth diventa un imperativo inderogabile. Bisogna muoversi tra la vegetazione, appostarsi attendendo il momento migliore per colpire. Progredendo nella campagna, Takkar imparerà ad addomesticare animali selvatici che potranno aiutarlo nel compito. Il gufo individua dall’alto le sentinelle, mentre un lupo o un giaguaro può dare manforte nell’eliminazione sommaria quando si viene scoperti.

Proprio nelle fasi più caotiche, purtroppo, il combat system svela tutti i suoi limiti, lasciando che ogni battaglia si consumi in una pressione indiscriminata dei tasti deputati all’attacco e non restituendo il giusto feedback negli scontri corpo a corpo. Fortunatamente, vista la relativa facilità con cui Takkar viene abbattuto quando si trova in inferiorità numerica, poche volte si abbraccia un atteggiamento sfrontato, invece di un basso profilo. Tra i difetti va anche segnalata una trama poco coinvolgente. Per l’occasione, gli artisti di Ubisoft hanno optato per un buon grado di realismo, tratteggiando personaggi che si esprimono attraverso un linguaggio molto semplificato, mossi da bisogni primari. Non aspettatevi dunque villain all’altezza dei predecessori, né tantomeno colpi di scena degni di nota.

Nonostante qualche inevitabile sbavatura, Far Cry Primal è un titolo strepitoso, coinvolgente, esaltante. Oros è un continente paesaggisticamente parlando ammaliante e le meccaniche ludiche esaltano l’anima survival, da sempre parte integrante della saga, qui estremizzate dal setting di riferimento. Non è un FPS, naturalmente, quanto un’avventura da vivere in prima persona abbracciando bisogni, necessità e speranze di un coraggioso cacciatore-guerriero del Mesolitico. Consigliatissimo ai fan e ai neofiti in cerca di qualcosa di atipico e originale.

A cura di Lorenzo Fazio

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