“Profondo è il pozzo del passato” (citando il Thomas Mann di “Giuseppe e i suoi fratelli“) e la tendenza è restarci anche quando la ragione ci dice che è indispensabile cambiare. “Cambiare” se riferito alla tv italiana, va inteso in senso strutturale e non, come si almanacca nelle conversazioni da bar, nella ricerca di programmi più belli o virtuosi di prima. Perché se è vero che, anche a strutture invariate, c’è sempre la possibilità di fare qualcosa di meglio (Guglielmi a fine anni ’80 riuscì perfino a inventare una imprevedibile Terza Rete) è altrettanto vero che in poco tempo le strutture permanenti annichiliranno l’accidente nato nei loro anfratti (come puntualmente è accaduto in Rai dopo pochi anni di rete guglielmina).

In cosa consistono gli elementi “strutturali” della tv italiana, cioè quelli che la fanno e la perpetuano come è a meno che non vengano deliberatamente cambiati? Le parole chiave sono due: la prima è “politica” e non serve spiegarla; la seconda è “dumping“. Il dumping è quello della pubblicità televisiva rispetto agli altri mezzi, per cui è dai primi anni ’80 che il “costo contatto” (vale a dire quel che paga un inserzionista per mostrarsi una volta a uno spettatore) in tv è bassissimo, il più basso di ogni altro Paese appena appena comparabile. L’effetto del dumping è stato da sempre ottenuto abbondando nel numero di reti generaliste e quindi disponendo di una quantità esorbitante di spazi pubblicitari vendibili a basso prezzo e capaci di drenare la propensione all’investimento pubblicitario presente in ogni angolo dell’industria e del commercio.

Guadagnare poco sul singolo spot, ma prendersi tutto il cucuzzaro: questa, in poche parole, la formula del duopolio, con Mediaset a fare il pieno di spot e la Rai con meno spot (per legge, e dunque cancellando anche il fantasma di una possibile concorrenza) ma con i soldi del canone. Il sistema del dumping oggi sembra in crisi perché nonostante gli spot a prezzi stracciati, molta pubblicità ha trovato comunque la via diversa del web. Tanto che, per rastrellare comunque ricavi pare che la Rai di Gubitosi abbia attuato il “dumping al quadrato”, l’equivalente del naufrago che divora i compagni di sventura – Mediaset e Cairo – per sopravvivere. Come uscire dal sistema del dumping? È ovvio che l’unica strada consiste nel togliere la pubblicità da un paio di grossi canali (equivalenti almeno a un quarto dell’audience complessiva) in modo da aumentarne il pregio sui restanti e poi lasciar agire il rapporto fra la domanda e l’offerta. È altrettanto ovvio che solo la Rai, grazie al canone reso più solido dall’aggancio alla bolletta della luce, può attuare questa innovazione strutturale per alcune delle sue reti, ma non delle minori. Se non lo farà sappiamo dove siamo e dove resteremo: nel solito pozzo.

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Rai, riforma del canone tra servizio pubblico e tv locali. Con qualche incognita

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