Il Movimento 5 stelle introduce una multa da 150mila euro per chi dissente, il Pd attacca e chiede “subito una legge sui partiti e la democrazia interna”. Il decalogo M5s per i ribelli riapre le polemiche nel Parlamento già noto per il numero di cambi di casacca (226 solo in questa legislatura). Per i dem le regole 5 Stelle sono da “tempi bui”, per i grillini la proposta del Pd di strutturare i partiti giuridicamente, non serve a “dare più democrazia interna e a tutelare il dissenso, ma ad impedire al Movimento di candidarsi”. “E’ fascismo renziano“, dice il deputato M5s Fraccaro. “Fascismo?”, ribatte il vicesegretario Pd Lorenzo Guerini, “E’ la Costituzione, studino”. L’idea di Casaleggio e i suoi però non è nuova nel panorama politico italiano: già nel 2010 l’Italia dei valori presentò ai candidati alle Regionali (in cui sosteneva il centrosinistra) un regolamento con una penale da 100mila euro per chi avesse abbandonato il partito. Antonio Di Pietro, per evitare di replicare i casi De Gregorio e Scilipoti, fece firmare a tutti il documento dal titolo “promessa di pagamento” come condizione per essere in lista.

Sei anni dopo, davanti al decalogo M5s (“Noi ne andiamo fieri”, ripete da ore il deputato Di Battista), il Partito democratico chiede un intervento che possa prevenire iniziative simili in futuro. “Le sanzioni pecuniarie”, ha detto all’agenzia Ansa Guerini, “oltre a sfiorare il ridicolo confermano l’esigenza di procedere senza indugi con una nuova legge in attuazione dell’articolo 49 della Costituzione”. Secondo Guerini, primo firmatario del ddl per la riforma dei partiti, la questione va risolta il prima possibile. “Capisco che i 5 Stelle si oppongano”, dice, “perché significa garantire trasparenza alla vita dei partiti, regole per la democrazia interna, garanzie per il pluralismo, libertà di dissentire. Ma è un problema che non riguarda questa o quella forza politica ma ‘un pezzo’ della qualità sostanziale della nostra democrazia”.

Il disegno di legge è già stato motivo di scontro nei mesi scorsi: “Vogliono farci fuori”, protestarono i parlamentari M5s. E oggi ribadiscono la questione: “La legge sui partiti è una controriforma ad castam”, ha detto Riccardo Fraccaro, “presentata dal Pd e fortemente voluta dal nominato premier che neutralizza il M5S, costringendo tutte le forze politiche ad adottare la forma partitocratica. Vogliono cancellare per legge l’alternativa di governo degli onesti, siamo al fascismo renziano“.

L’8 febbraio il blog di Beppe Grillo ha pubblicato online il decalogo che gli aspiranti candidati M5s a Roma hanno dovuto firmare. Si tratta di una scrittura privata, dove si prevede che in caso di violazione del “codice di comportamento” i futuri consiglieri dovranno pagare una penale di 150mila euro. Un provvedimento ispirato a quello già previsto per gli europarlamentari (in quel caso la multa è di 250mila euro) e che fino a questo momento non è mai stato applicato. La decisione, anticipata da La Stampa, ha suscitato molte polemiche in Parlamento, ma poche tra i 5 Stelle che (quasi) all’unanimità hanno difeso l’iniziativa. “Noi siamo per il vincolo di mandato”, ha detto Luigi Di Maio. E poi la deputata romana Roberto Lombardi: “Astenersi perditempo”. Per i grillini insomma, da tempo colpiti dai cambi di casacca, la sanzione è in linea con il programma e non scandalizza. L’idea è che a Roma il Movimento stia giocando una partita più grande e che si giochi la faccia a livello nazionale, per cui “anche qualche stretta di controllo in più vale la pena farla”.

Le voci critiche tra i 5 Stelle sono poche, o almeno restano nascoste. “Quanto son lontani i tempi del cittadino con l’elmetto”, ha scritto su Facebook la senatrice Elisa Bulgarelli, “che lascia il divano per attivarsi. Si erano dimenticati di dirci che il cervello andava lasciato davanti alla tv. La cosa triste è che gli hooligans a 5 stelle saranno contenti e diranno che era necessario e va bene fare cosi, va bene essere commissariati dallo staff di Casaleggio”. La riorganizzazione in vista delle amministrative è comunque appena cominciata: oggi il blog di Beppe Grillo ha infatti annunciato che i responsabili comunicazione per Camera e Senato (Ilaria Loquenzi e Rocco Casalino) assumeranno a costo zero “l’incarico di gestione e coordinamento della comunicazione Regionale e Comunale”.

Intanto i renzianissmi vanno all’attacco. “Dalle parti dei 5 stelle i metodi fascisti di controllo e coercizione continuano ad andare di moda”, ha detto l’ex dalemiano, ex montiano, ex Scelta civica e ora nel Pd Andrea Romano. “La multa serve solo a dare vigore al vecchio slogan ‘Boia chi molla’, che già appartiene al patrimonio delle dichiarazioni dei deputati a 5 stelle e alla loro prassi basata su epurazioni e gogne di vario genere, per chi dissente dalla linea del partito azienda di Casaleggio”. Così anche il senatore Stefano Esposito: “Il Movimento 5 Stelle è guidato da una figura opaca che vorrebbe governare l’Italia da un ufficio a Milano, con regole che ricordano periodi neri della storia, non solo italiana. Mi aspetto, a breve, olio di ricino e manganelli”.

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