cinema america occupatoA proposito di occupazioni citerei Don Luigi Ciotti, che in relazione all’esperienza del Cinema America Occupato, “C’è il rischio di fare della legalità un idolo, uno strumento non di giustizia ma di potere”, ha dichiarato non molto tempo fa.

Altrettanto condivisibile è la riflessione fatta di recente dal segretario di Roma-Lazio dell’Unione Inquilini, Guido Lanciano, quando a proposito dell’occupazione di via Tor De Schiavi, 101, al suo secondo anno di vita appena compiuto: “Un immobile abbandonato – si è espresso e aggiungerei lasciato al degrado – è illegale. Voi avete fatto una cosa legalissima: rendere gli immobili vivibili è legale”.

Abbandono e degrado sono due parole chiave nella battaglia per il diritto alla casa, nella lotta per gli spazi sociali, preda degli speculatori.

La Roma che amiamo è anche fatta di realtà culturali conosciute ai più non solo per quello che hanno rappresentato in passato, ma soprattutto perché dopo essere state lasciate al degrado e all’abbandono, grazie alle attività culturali di chi le ha occupate, hanno mantenuto viva la loro identità. E’ difficile considerare illegale un luogo voluto fortemente dai cittadini, un luogo – per la cultura – che si riempie di cittadini, un posto che i cittadini vogliono aperto per interessi culturali. La volontà dei cittadini conta.

E’ stato per esempio il caso del Teatro Valle, quando è diventato Teatro Valle Occupato (nonostante la fine, di cui non possiamo gioire: prima lo sgombero, oggi ricordiamo che dei lavori di restauro dal 2013 non si conosce, a oggi, neanche il progetto.), lo è stato – speriamo lo sarà di nuovo –  il Cinema America, dal novembre 2012 Cinema America Occupato. (Occupato mentre sotto la giunta Alemanno stava per avvenire il cambio destinazione di uso).

Non è trascorso molto tempo, un paio di settimane, da quando il Tar del Lazio in merito ai due vincoli – sugli arredi e sulla struttura – sul Cinema America Occupato protetti dal Mibact ha rigettato in toto i due ricorsi presentati dalla Progetto Uno srl – la società che ha acquistato l’immobile nel 2002, presentando una proposta piano di recupero al Comune di Roma, ma di fatto lasciandolo abbandonato e al degrado fino al 2012 -.

Se di vittoria possiamo parlare di certo è collettiva perché ai più interessa la vincita contro la speculazione edilizia e di fatto la Progetto Uno srl – intenta nei propri interessi -, come già accennato sopra, voleva cambiare la destinazione di uso dell’ex Cinema America.

Ma il Tar ha fatto di più: ha respinto anche una sterile polemica, sempre nata dalla proprietà, sul processo che poi avrebbe portato, prima dell’apposizione dei vincoli, il territorio, come le istituzioni e il mondo della cultura a lottare per difendere e sostenere l’ex Cinema America.

Dopo lo sgombero, infatti, avvenuto il 3 settembre del 2014, per l’ex sala si è messa in moto una importante campagna di sostegno condotta non solo dagli ex occupanti, ma sostenuta da manifestazioni in piazza e divulgata attraverso i quotidiani, appelli fatti da parte di politici e altre figure istituzionali.

Non si può ricordare l’America Occupato senza citare alcuni nomi di spicco che lo hanno sostenuto, e partecipato alla sua battaglia: da Paolo Sorrentino, a Giuseppe Tornatore. Da Nanni Moretti a Carlo Verdone, e ancora Matteo Garrone, Mario Martone. Alessandro Gassman, Rocco Papaleo, Elio Germano, Valerio Mastandrea, Toni Servillo. Per arrivare anche a Bernardo Bertolucci, Ettore Scola, Giuliano Montaldo, Francesco Rosi.

Il grido è stato sempre unanime: far riaprire la sala cinematografica. Oggi sulla storia del cinema America Occupato abbiamo intervistato Valerio Giuseppe Carocci, Presidente dell’Associazione Piccolo Cinema Occupato:

Insomma, adesso tutto è nelle mani del Comune di Roma, il Comune che oggi è in una fase critica e che dovrebbe garantire alla struttura dell’America di essere preservata e salvata dall’abbandono.

Sottolineerei, in questa partita, il ruolo avuto del sindaco Marino, del resto nelle battaglie sociali in questi due anni la sua giunta non ha di certo brillato per riconoscere il valore degli spazi sociali, davanti agli sgomberi stabiliti dalla magistratura.

Ma Marino avrebbe incontrato più volte i ragazzi in Campidoglio e alla Casa delle Culture, e proprio lì di sua spontanea volontà, ancora in carica, avrebbe considerato di assegnare lo spazio ai ragazzi, riconoscendo il valore dell’esperienza, del loro lavoro, della sala; tuttavia, quando si è trattato di agire, anziché assegnarlo come aveva precedentemente proposto, sei mesi dopo ha annunciato un bando – quello per la Sala Troisi – a cui l’Associazione Piccolo Cinema America ha partecipato, ma, sostiene, “solo perché è una possibilità di portare avanti la nostra esperienza”.

Nella lunga battaglia tra occupanti e proprietà mi sentirei di chiudere questo blog sperando, anzi, augurandomi che l’Amministrazione renda pubblico di nuovo questo bene culturale.

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