Doveva arrivare a maggio. Poi in estate. Infine entro il 2015. Risultato? Se ne parlerà nel 2016. La legge sulle unioni civili continua il suo calvario, tra tempi che si dilatano, priorità che cambiano e promesse mancate. Oggi l’ultimo colpo: “Slitteranno a dopo la legge di Stabilità, probabilmente a gennaio” ha detto il ministro Maria Elena Boschi, ospite di Porta a Porta. Eppure da mesi Matteo Renzi, praticamente in ogni occasione pubblica in cui è stato interpellato sul tema, prometteva che la legge sarebbe arrivata entro il 2015. L’ultima volta l’8 settembre: “Ci terrei a chiudere la riforma costituzionale un po’ prima del 15 ottobre – aveva detto il premier all’assemblea dei senatori Pd – per consentire di chiudere anche la questione delle unioni civili prima del 15 ottobre“.

Solo qualche giorno addietro si mostrava altrettanto sicuro e puntava a raggiungere l’obiettivo prima di portare in porto la manovra economica: “L’ok alle unioni civili entro l’anno? Sì, ma molto dipenderà da come andrà la discussione al Senato – spiegava a Rtl 102.5. all’inizio del mese scorso – Bisogna fare velocemente entro settembre le riforme, poi chiudere entro le prime settimane di ottobre sulle unioni civili”, prima della legge di Stabilità, di modo che poi passino alla Camera. “E’ un patto di civiltà al quale non rinunciamo“.

Il 26 maggio era arrivato un altro auspicio: farla entro l’estate. “Matrimoni gay? – diceva il premier in un’intervista a Ballarò – la legge che noi proponiamo è quella tedesca, sono abbastanza ottimista che su quella legge finalmente arriveremo ad un punto di accordo in Parlamento già a partire da quest’estate. In questo Parlamento tanto bistrattato alla fine le cose si stanno facendo”. Stagione che vai, promessa che trovi. Perché il 16 marzo Renzi disse di voler addirittura “approvare la legge sulle unioni civili questa primavera, possibilmente prima delle elezioni regionali di maggio”, spiegava il presidente del Consiglio nel corso della riunione con i parlamentari Pd al Nazareno sui diritti civili.

I MOTIVI DELLO SLITTAMENTO DELLE UNIONI CIVILI
Fatto sta che l’annuncio del ministro Boschi sposta ancora più in là i tempi d’approvazione di una legge che l’Italia aspetta dal 1988. Il motivo? La mancata intesa tra maggioranza e opposizione sui tempi di esame delle riforme da parte della Camera. Il confronto, durato oltre due ore, è avvenuto alla conferenza dei capigruppo di Montecitorio, che alla fine è stata aggiornata a domani mattina per decidere la calendarizzazione in aula del ddl Boschi. Quest’ultimo, approvato martedì dal Senato, è giunto mercoledì sera a Montecitorio, dove la presidente Laura Boldrini ha convocato nel pomeriggio la conferenza dei capigruppo, incaricata di stabilire il giorno in cui le riforme andranno in aula e trasmettere quindi il testo alla commissione Affari costituzionali, dove avverrà il primo passaggio, presumibilmente già dalla prossima settimana. Ma alla capigruppo è andato in scena quello che gli stessi protagonisti hanno definito un ‘muro contro muro‘. Il governo e la maggioranza hanno chiesto che il testo fosse approvato dall’aula entro novembre: le modifiche apportate dal Senato – è stato il ragionamento – sono pochissime, e quindi gli spazi di intervento da parte della Camera sono limitati, e altrettanto limitati sono i tempi di esame. Di qui la richiesta di un’approvazione entro fine novembre, così da trasmettere già prima di Natale il testo al Senato. Questa tempistica permetterebbe di far tornare il ddl Boschi alla Camera per la definitiva lettura a marzo, rispettando la pausa di tre mesi prevista dall’art.138 della Costituzione. Ma le lungaggini hanno avuto, appunto, anche un altro effetto: far slittare l’arrivo in aula della legge sulle unioni civili.

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