Studenti di scuola e università e docenti in piazza a protestare in Italia, e altri davanti al proprio tablet, senza entrare per mesi nelle aule delle proprie facoltà, ma acquisendo saperi, scambiando impressioni sui corsi con i propri colleghi, chiedendo al docente spiegazioni supplementari per ogni dubbio, sebbene lo incontrino fisicamente poco o nulla. Lo studente di un MoocMassive open online course – opera forse una forma di tacita protesta tenendosi ben a distanza dall’ateneo vicino casa, e sfuggendo alla didattica universitaria italiana che è classificata troppo spesso da valutatori internazionali in zona retrocessione?

Il ruolo delle istituzioni nazionali sul digital learning è in netto ritardo anche rispetto a paesi come la Spagna o il Portogallo. Ma i Mooc stanno crescendo anche in Italia. Nella scuola e nell’università, la didattica interattiva, la scuola digitale, le università che lavorano con le stampanti 3D, fanno parte di uno dei temi sensibili per i quali si protesta. Sono tanti i docenti volontari che lavorano oltre l’orario dovuto, così come numerosi genitori si tassano per riparare la Lim, o acquistare materiali che la scuola non può permettersi. Non è un mistero che già da tempo le università siano sponsorizzate da multinazionali, e da gruppi che producono alta tecnologia.

Curiosamente una delle realtà Mooc più consolidate in Italia non riguarda il livello universitario, ma i programmi delle scuole superiori: Oilproject ha appena ricevuto un importante investimento da una multinazionale, il suo target sono gli studenti delle scuole superiori, il motto è: Be Free To Learn. Da Boccaccio alle nozioni informatiche, dalla sostenibilità dei debiti sovrani alla Logica di Aristotele, tutti possono condividere lezioni di qualità, gratis. Marco de Rossi, il fondatore, ha 24 anni, con OilProject ha cominciato a 19 anni, dopo essersi iscritto al Liceo Classico Manzoni di Milano, non voleva abbandonare la sua passione di programmatore appassionato dell’open source, così scambiava idee e nuovi linguaggi di programmazione in chat con altri appassionati, sino a sviluppare una vera iniziativa di condivisione del sapere on line, che oggi è una srl, offre 5.000 lezioni, con due milioni di persone che hanno studiato sul sito negli ultimo anno. Un ambiente informale di apprendimento che mette gli studenti in grado di studiare la lezione, su un canale che può essere complementare con il liceo che si frequenta, oppure alternativo. A guardare le video lezioni di Oilproject c’è anche un pubblico tra i 19 e i 26 anni che raggiunge il 40%.

Nel mondo, in prima linea a difendersi dalla possibilità che le istituzioni dell’apprendimento formale – scuola e università – vengano bypassate dalla Open Education, sono le università stesse, proponendo corsi in modalità mista – blending – Mooc portati avanti dai docenti dell’università al quale lo studente è iscritto che possono comporre un piani di studi che alterna corsi tradizionali a quelli on line. Un paio di università italiane hanno una loro piattaforma Mooc, il Politecnico di Milano con Pok Polimi e Federica dell’ Università Federico II di Napoli, per i propri studenti, e nell’ottica dell’Open Education accessibili a tutti coloro che vogliono collegarsi, lasciando anche il corso a metà o dando solo una rapida occhiata. Accade negli open online massive course che rispetto all’iscrizione massiva, coloro che portano a termine un corso siano appena l’ 11%.

E’ vero però che parliamo di grandissimi numeri. Chi sta affrontando con determinazione il problema della certificazione dei Mooc, affinché siano utilizzati per il proprio corso di studio o per il lavoro, è una piattaforma tedesca, Iversity  – seguendo le indicazioni che già la Commissione Education della Ue ha espresso anni fa, sta costruendo un network che dà la possibilità alle università partner di utilizzare la sua piattaforma on line, realizzare i corsi Mooc nel migliore dei modi, anche mettendo gli studenti in grado di fare l’esame tradizionale (frontale) in università in Italia o a Berlino e ricevere i crediti ECTS – European Credit Transfer System, uno strumento per certificare le conoscenze acquisite, utilizzato dagli studenti Erasmus di ritorno nelle loro università per certificare gli esami sostenuti nell’università spagnola, finlandese o turca, che li ha ospitati.

Il riconoscimento non viene dal sistema nazionale, al contrario l’ateneo italiano può chiedere allo studente di verificare le conoscenze acquisite, e la nostra burocrazia potrebbe dare il peggio di se. Ma da Iversity, con determinazione tedesca e consapevolezza dello spazio europeo dell’istruzione superiore, della libera circolazione dei saperi sancito dal Processo di Bologna non si scoraggiano: già una dozzina di università europee stanno certificando con gli ECTS i corsi Mooc di Iversity, tra queste la Luiss, le università di Padova, di Foggia, e l’Accademia di Belle Arti Abadir di Catania. Molti accordi sono in fase di conclusione, per esempio con l’università di Pavia. Una realtà di università interattiva sta emergendo finalmente anche in Italia, ma il paradosso è che questi saperi potranno circolare certamente in Europa. In Italia, forse. Mentre il sistema della certificazione ECTS potrà essere esportato anche negli Stati Uniti che stanno guardando con grande attenzione l’esperienza di Iversity.

@loliva2011

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