Graziano Delrio ha giurato da ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti davanti a Sergio Mattarella. E’ lui il successore di Maurizio Lupi che si è dimesso dopo che il suo nome era comparso nelle intercettazioni dell’inchiesta Grandi Opere che ha portato all’arresto di Ercole Incalza. “Buon lavoro a un amico vero e prezioso compagno di strada”, ha scritto su Twitter Matteo Renzi. La cerimonia di insediamento si è svolta al Colle davanti al presidente della Repubblica e al presidente del Consiglio. Delrio diventa ministro dei Trasporti a un mese scarso dall’apertura dell’Expo di Milano. Ma non solo: sul tavolo del dicastero c’è la riforma del Codice degli appalti (che il viceministro Nencini vuole chiudere entro l’anno), la privatizzazione di Ferrovie dello Stato e le concessioni autostradali.

In giornata Delrio, quando ancora la sua nomina era solo annunciata, aveva già parlato di opere pubbliche. “Non esistono infrastrutture né grandi né piccole”, aveva detto durante l’iniziativa “Mille cantieri per lo sport“, “ma infrastrutture che sono utili quando sono utili alla comunità. Non bisogna pensare che le infrastrutture siano importanti quando sono grandi o quando collegano grandi poli, ci sono infrastrutture che sono necessarie alla vita della comunità e quelle sportive o le nostre scuole lo sono, ci sono infrastrutture che magari fanno piccoli collegamenti ma hanno grande efficacia nella vita delle persone”.

Ora il ministro lascia libera una poltrona importante, quella da sottosegretario alla presidenza del Consiglio. “Benissimo Delrio alle Infrastrutture – commenta Pippo Civati – ma bisognerà capire se il futuro sottosegretario alla Presidenza del Consiglio sarà di ‘famiglia’ o se si riuscirà a essere un po’ laici, anche perché questo comincia a essere un problema: un Palazzo Chigi come fortezza, una torre d’avorio tutta renziana. Forse anche su questo tema ci vorrebbe un messaggio più plurale, anche più utile”. Per il Movimento Cinque Stelle, invece, l’arrivo di Delrio al ministero di Lupi non cambierà niente. “Non è che mettendo lui su quella poltrona il governo guadagni qualche punto – dichiara Luigi Di Maio – è un governo che comunque deve andare a casa perché non ha la volontà di tagliare con il passato e il caso Incalza lo dimostra”.

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